L’intesa sul secondo documento alla base delle trattative sulla Brexit è stata trovata. Per ora solo a livello di negoziatori, in attesa della ratifica sul piano politico attesa nel Consiglio Ue di domenica. L’accordo sui futuri rapporti tra Regno Unito e Unione Europea, alla cui formulazione ultima Londra e Bruxelles stanno lavorando freneticamente nelle ultime ore, ha ricevuto l’ok dei negoziatori dell’Ue.

“Ho appena inviato ai 27 una bozza della dichiarazione politica sulla relazione futura tra l’Ue ed il Regno Unito – ha twittato il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk – Il presidente della Commissione europea mi ha appena informato che è stata concordata a livello di negoziatori e di principio, anche a livello politico, ma condizionata all’endorsement dei leader”. Il testo è ora al vaglio degli ambasciatori dei 27 che, riunitisi stamani alle 11 in una seduta straordinaria, hanno visto per la prima volta il documento.

Il testo sulle future relazioni, che andrà approvato insieme all’accordo di uscita dall’Ue annunciato il 13 novembre e sul quale il primo ministro britannico Theresa May ha ricevuto l’ok del governo, è lungo 26 pagine e “stabilisce i parametri di un partenariato ambizioso, ampio, approfondito e flessibile” in materia commerciale, di politica estera, di difesa e di sicurezza. La bozza prevede, inoltre, che “il Comitato congiunto” Ue-Gb “potrà, prima del primo luglio 2020, adottare una sola volta la decisione per estendere il periodo di transizione per il massimo di un anno”.

Nel testo Ue e Regno Unito “ricordano la loro determinazione a sostituire la soluzione del backstop“, il meccanismo che stabilisce lo status quo per i confini irlandesi, “con un successivo accordo che stabilisca disposizioni alternative per assicurare che non sorgano frontiere fisiche sull’isola di Irlanda, su base permanente”. “Per facilitare il movimento delle merci attraverso le frontiere”, poi, Bruxelles e Londra “prevedono accordi globali che creeranno un’area di libero scambio, che unisca regolamentazione profonda e cooperazione doganale, rafforzata da disposizioni che assicurino condizioni eque per una competizione giusta e aperta”. Per questo motivo “la partnership economica dovrà assicurare che non ci siano dazi, commissioni, addebiti o restrizioni quantitative in tutti i settori, con accordi doganali ambiziosi, che costruiscano e migliorino il territorio doganale unico, previsto nell’Accordo di ritiro, che previene il bisogno di controlli”.

Resta irrisolto uno dei due nodi che hanno rallentato le trattative: la questione di Gibilterra, sollevata dalla Spagna: stamani alla riunione dei 27 ambasciatori il rappresentante spagnolo è tornato ad esprimere con forza la sua preoccupazione sulla trattativa per lo status futuro del territorio britannico d’oltremare, riscuotendo il sostegno di alcuni Stati membri. Un’atteggiamento che diversi commentatori spiegano come parte della strategia elettorale del premier Pedro Sanchez in vista delle elezioni in Andalusia, in calendario il 2 dicembre.

Nella  regione autonoma la legislatura si è interrotta poco prima della scadenza naturale per la rottura dell’intesa tra Partito socialista e Ciudadanos. Con Sanchez che ha aperto alle elezioni anticipate nel 2019, il Psoe considera determinante il voto per il rinnovo dell’Assemblea e della presidenza dell’Andalusia, dove vive circa un elettore su 5 e dove si giocano 61 dei 350 seggi del Parlamento. Questo voto, fra l’altro, è il primo dopo l’arrivo di Sanchez alla Moncloa attraverso la mozione di sfiducia che ha portato alla caduta del governo Rajoy.

Secondo quanto si apprende da fonti diplomatiche, il rappresentante di Madrid ha chiesto di emendare l’articolo 184 del testo di divorzio, quello che prevede una procedura spedita sul negoziato per l’intesa sulla relazione futura. Ma tra gli Stati membri non c’è appetito per tornare a mettere mano alle 485 pagine di divorzio, e non sono neppure troppo contenti di riaprire la dichiarazione politica congiunta per le relazioni future, che dalla maggior parte viene considerata “chiusa”. E nonostante il lavoro su Gibilterra vada avanti, sembra che la situazione sia difficilmente risolvibile a livello tecnico, e tra i diplomatici c’è anche chi non esclude che la questione possa atterrare sul tavolo dei leader, domenica.

La questione di Gibilterra è l’unico punto su cui il lavoro dei negoziatori sta andando avanti, mentre per il resto, il testo sulla dichiarazione politica congiunta per le relazioni future è da considerarsi chiuso. Dovrebbe aver trovato un punto d’accordo anche sulla questione sui diritti della pesca, sollevata dalla Francia. “Sta agli Stati membri dell’Ue lavorare e arrivare a un’approvazione domenica“, ha dichiarato il portavoce della Commissione Ue, Margaritis Schinas, secondo cui “ieri sera sono stati fatti dei buoni progressi, ma i lavori continuano”. “E’ importante che ci sia un momento per fare una valutazione, e alla luce di questo, “è molto utile che May venga sabato alle 18.30 per prendere atto della situazione”, ha proseguito Schinas.

Di fronte alla Camera dei Comuni Theresa May ha difeso l’accordo, che – afferma – “metterà una volta per sempre fine alla libertà di movimento, alla giurisdizione della Corta europea” sul Regno Unito e all’invio di vaste somme di denaro verso Bruxelles”. L’intesa, inoltre, “onora la volontà espressa dal popolo britannico nel referendum” in vista dell’uscita dall’Ue il 29 maggio 2019. Nel contempo assicura che vengono preservati la cooperazione coi 27 sul terreno della sicurezza e rapporti commerciali “senza dazi“.

“Siamo andati un passo avanti ma di sicuro saranno necessarie molte altre discussioni, in particolare nel Regno Unito”, ha commentato Angela Merkel nel corso del congresso dell’Associazione dei datori di lavoro tedeschi stamane a Berlino. “Un’uscita non ordinata sarebbe la peggiore delle possibili conclusioni, sia per l’economia quanto per la nostra condizione mentale dei nostri rapporti futuri”, ha proseguito la cancelliera, che mercoledì aveva minacciato di disertare il vertice Ue di domenica se non fosse stato raggiunto un accordo sulla bozza. Ora però la posizione della Spagna su Gibilterra rischia di rallentare i lavori.

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