Cinque anni fa riepilogai nove teorie del complotto, molto popolari in rete, sull’omicidio del 33° presidente americano. Dalla mafia alla Cia, agli alieni passando per Lindon Johnson, le trovate riepilogate nel post. Nel giorno in cui ricorrono i 55 anni dalla morte di John Fitzgerald Kennedy, il caso continua ad appassionare i complottisti di tutto il mondo: coloro che non si rassegnano alla verità ufficiale però devono fare i conti con lui.

Uno sconosciuto reporter di Dallas divenne involontariamente testimone oculare dell’omicidio, uno dei momenti più bui della storia degli Stati Uniti d’America. Quel 22 novembre 1963, stanco di rispondere al telefono in una redazione vuota mentre i suoi colleghi se ne stavano in giro per la città in occasione della visita del presidente Kennedy, il giovane cronista decise di uscire a guardare con i suoi occhi quello che stava accadendo, anche se non gli era stata assegnata la notizia.

Dopo aver camminato per quattro isolati, arrivò all’angolo tra Elm Street e Houston Street, si fermò lì in mezzo alla folla entusiasta di fronte al Texas School Book Depository. Dopo qualche minuto, il primo sparo, che il 32enne reporter scambiò in un primo momento con un rombo della motocicletta, poi altri due spari più nitidi. In quel momento tentò di scappare, ma da che parte? All’inizio si fece contagiare dal panico generale, poi prevalse il suo istinto da reporter: nel giro di 48 ore, il giornalista fu testimone diretto dell’attentato mortale a Jfk, dell’arresto del presunto assassino Lee Harvey Oswald e dell’uccisione a fuoco di Oswald stesso per mano del gestore di nightclub Jack Ruby.

Resta ad oggi il testimone oculare numero 1 ma per molti cospirazionisti è solo un agente della Cia e il suo racconto ‘creato e manipolato’ per depistare le indagini.

Sta di fatto che da quel giorno quel giovane reporter iniziò una carriera straordinaria che lo porterà a vincere quattro volte il prestigioso premio Pulitzer e diventare direttore di Newsweek e del The Washington Times. Si tratta di Hugh Ayneswort, oggi riconosciuto come uno dei maggiori esperti dell’omicidio Kennedy.

In questa intervista, rilasciata in occasione del 50° anniversario della morte di Kennedy, Aynesworth spiega il perché tanta gente non crede alla versione ufficiale dell’omicidio di JFK.

Domanda: Lei ha sempre sostenuto che Oswald abbia agito da solo, ma molte persone credono che ci fosse di più. Perché continuiamo ad essere attratti da queste teorie cospirative?

Aynesworth risponde così: Le cospirazioni sono eccitanti perché amiamo i misteri. Non vogliamo ammettere che due “signori nessuno” – Oswald e Ruby – potrebbero aver cambiato il corso della storia. – Poi continua–  Ho visto nascere teorie di cospirazioni dal primo giorno. Tutti quelli che sono stati coinvolti hanno commesso alcuni gravi errori. Non sapevano di cosa stavano parlando, ma parlavano comunque. Al procuratore distrettuale, Henry Wade, è stato chiesto in una conferenza stampa come Oswald sia andato dal Book Depository dove lavorava al luogo dove ha ucciso un poliziotto. Wade ha risposto, “ha preso un taxi”, specificando che il tassista si chiamava Deryl Click. Fino ad oggi, non c’è mai stato un tassista a Dallas con quel nome. In seguito ho chiesto a Wade perché ha detto quello che ha detto, e mi ha risposto “è saltato fuori”. I giornalisti stavano riferendo cose che erano state dette – ma non verificate. Era stupidità … E un vice poliziotto disse che la pistola era una Mauser. Sappiamo che era una Mannlicher, perché l’abbiamo vista, toccata, esaminata. Ma molte persone hanno chiesto “perché ci hanno mentito, perché hanno detto che era una Mauser?” Persino John Edgar Hoover, il direttore dell’FBI, non fu informato, ma continuò a parlare. E gran parte di quello che ha detto era totalmente sbagliato.

Ma c’è una domanda che non fermerà i complottisti e a cui nemmeno Aynesworth saprebbe rispondere: chi armò Lee Harvey Oswald?

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