Anche l’Italia, come la Brexit e la guerra commerciale, è fra le incertezze per lo scenario economico dell’Eurozona. A dirlo senza mezzi termini è stato il presidente della Bce Mario Draghi, secondo il quale è cruciale “osservare e applicare le regole fiscali, ma anche cercare il dialogo”. Il banchiere centrale che si è detto “fiducioso che si troverà un accordo” a proposito del negoziato sulla bozza di bilancio italiana, ha parlato nel corso della conferenza stampa a Francoforte al termine della riunione di politica monetaria a cui ha partecipato anche il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis. “Non c’è stata una grande discussione sull’Italia. C’era Dombrovskis, gli ho chiesto il permesso di citarlo, nel dire che occorre osservare le regole di bilancio, ma cercare anche il dialogo”, ha detto Draghi a proposito degli argomenti discussi dal consiglio direttivo della Bce.

“Finanziare i deficit non è nel nostro mandato” – Escluso il rischio che l’Eurotower possa essere coinvolta nella crisi italiana finendo in una situazione in cui prevalgano le esigenze di bilancio dell’Italia piuttosto che quelle di politica monetaria. “Abbiamo l’Omt come strumento specifico”, da usare in caso i Paesi entrino in un programma Esm, previa valutazione del Paese da parte della Bce che deve verificare come questo tipo di interventi “non pregiudichino la politica monetaria dell’intera Eurozona”, ha aggiunto, riferendosi alle Outright Monetary Transactions, il piano presentato nel 2011 – e finora mai messo in atto – che permetterebbe alla Bce di acquistare di titoli di Stato (a breve termine) sul mercato secondario, con lo scopo di ridurre le pressioni derivate dallo spread e placare i timori sui mercati finanziari. “Per il resto siamo in un regime di dominanza monetaria“, non di bilancio, ha chiarito.”Fiducioso, non ‘molto fiducioso'”, ha poi precisato a proposito dell’eventuale intesa tra Roma e Bruxelles. Aggiungendo che “assolutamente non è nostro compito” mediare nel negoziato fra l’Italia e l’Unione europea, ma “alla fine portare le parti a una qualche forma di accordo è questione di buon senso, la percezione di ciò che è bene per il Paese, dell’interesse per le famiglie e imprese”.

Lo spread danneggia le banche e limita le manovre del Paese – A tal proposito, prima che il governatore parlasse lo spread tra Btp e Bund era poco mosso con oscillazioni attorno a 315 punti base con il rendimento del decennale italiano 3,45 e 3,52%, quasi 150 punti in più di un anno fa. E solo una settantina in meno della Grecia. Poi ha continuato la discesa e ha chiuso a 309 punti con il rendimento del Btp al 3,49%. Sul tema Draghi rileva come il rialzo del differenziale tra Roma e Berlino stia causando un incremento dei tassi a famiglie e imprese (“stanno salendo”, ha detto) e “riduca i margini espansivi” del bilancio del Paese. “Io non ho la palla di cristallo, 300, 400, certamente questi titoli sono nelle banche e se perdono valore loro impattano sul capitale delle banche“, ha poi commentato i rischi legati al rialzo dello spread. “Forse c’è qualche ricaduta ma limitata”, invece, per gli altri Paesi della zona euro. Sempre secondo Draghi.

Ma cosa farebbe la Bce in caso di mancato accordo? “Non rispondo sui se”, dice Draghi rifiutando di commentare l’ipotesi di ulteriori downgrading del debito italiano da parte delle agenzie di rating e spiegando che è “inutile” discuterne ora e che “in ogni caso ci sono delle regole” per gestire queste situazioni. Tuttavia, ha confermato rispondendo a una domanda specifica, un taglio del rating colpirebbe le banche italiane. Una serie di tagli del rating sovrano dell’Italia, tali da portarla a un livello speculativo da parte di tutte le principali agenzie, avrebbe la conseguenza di mettere le banche italiane al di fuori dei meccanismi ordinari di approvvigionamenti di liquidità tramite la Bce, ricorda Draghi ribadendo che: “Ci sono regole”. Quindi il governatore, a chi gli ha chiesto cosa si può fare riguardo alle banche, dato l’allargamento dello spread negli ultimi sei mesi, risponde innanzitutto “abbassare i toni e non mettere in discussione l’esistenza dell’euro può far ridurre gli spread”.

“Serve ancora un ampio grado di accomodamento monetario” – La Bce, in ogni caso, è pronta ad “adattare i propri strumenti” di fronte “a ogni evenienza” per assicurare che “l’inflazione continui a procedere verso l’obiettivo“. Ed è ancora necessario “un ampio grado di accomodamento monetario per ottenere una sostenuta convergenza dell’inflazione a livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine”, ha detto ancora Draghi, aggiungendo che “i tassi annui dell’inflazione complessiva dovrebbero oscillare intorno ai livelli attuali nei prossimi mesi”. Il passo è breve da qui al convitato di pietra, il Quantitative easing, ovvero piano di acquisti di titoli di Stato della zona euro di cui è stato avviato lo smantellamento nelle scorse settimane, “non abbiamo parlato di un prolungamento del programma di acquisti, non abbiamo discusso cosa faremo dopo”, ha precisato Draghi mentre l’attesa sale e si moltiplicano le ipotesi sul futuro paracadute. “Abbiamo ancora due meeting prima della fine dell’anno, lo discuteremo allora. Crediamo di avere ancora strumenti da usare nelle diverse contingenze, ma oggi non ne abbiamo discusso nessuno”.

Il nuovo ombrello? “Il capitale rimborsato sui titoli in scadenza sarà reinvestito” – In ogni caso, ha garantito Draghi, “la cassetta degli attrezzi è ancora ricca in termini di strumenti di politica monetaria”. Alla Bce “pensiamo di avere ancora strumenti che possiamo usare”, come gli Tltro tema che è stato sollevato “da due partecipanti”. Fermo restando che “la politica monetaria resterà molto accomodante anche con la fine del Quantitative easing”. La fine del Qe “non è una misura specifica rivolta a un singolo Paese”, ma è una misura “di politica monetaria legata al raggiungimento del nostro obiettivo di inflazione”. E comunque “non abbiamo discusso di eventuali aggiustamenti sulla capital key”, ovvero il criterio che stabilisce la quantità di debiti sovrani che la Bce può acquistare in proporzione alla quota di ogni Paese.

Insomma, l’unica garanzia, al momento, è che il capitale rimborsato sui titoli in scadenza sarà reinvestito “nel quadro del PAA per un prolungato periodo di tempo dopo la conclusione degli acquisti netti di attività e fino a quando sarà necessario per mantenere condizioni di liquidità favorevoli”. Secondo quanto emerso nelle scorse settimane l’Eurotower starebbe valutando un’operazione Twist, sul modello di quelle messe in campo dalla Fed nel 1961 e nel 2011: vendere bond a breve termine e riacquistarne altri a scadenza più lunga, calmierando così gli spread. L’operazione è chiaramente di grande interesse per l’Italia: la Bce ha in pancia titoli italiani per 360 miliardi, di questi ne stanno per giungere a scadenza circa 45 miliardi. Mentre il Tesoro ha da rifinanziare quasi 200 miliardi di titoli. Tra le incognite del piano, c’è proprio la capital key: secondo il Financial Times sul tavolo c’è l’ipotesi di utilizzare dei criteri che penalizzerebbero l’Itlia di cui verrebbe riacquistata una trentina di miliardi di Btp in meno a fronte di una ventina in più di Bund tedeschi.

“Bisognerà aspettare dicembre per delle novità sulla politica monetaria. Rimaniamo dell’idea che il consiglio avvierà un ciclo di rialzi moderati da settembre 2019 anche nel caso in cui la crescita dovesse tornare al trend o poco al di sotto del trend dal momento che la politica monetaria resterebbe comunque accomodante”, ha commentato Anna Maria Grimaldi, senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, sulla riunione del consiglio direttivo della Bce. Riguardo all’Italia, “il dibattito resta tra la Commissione, le autorità italiane e gli investitori”. E la riunione è stata, “come da attese, interlocutoria. Il consiglio non ha discusso di politica monetaria. La comunicazione sui tassi e reinvestimenti è stata confermata nella formulazione di settembre scorso“. Il comunicato dell’istituto di Francoforte ribadisce che “il Qe verrà concluso a fine anno. Durante la conferenza stampa, Draghi ha sottolineato che non vi è stato cenno su possibili estensioni. Nessuna novità nemmeno sulla politica di reinvestimento né sulla durata dei riacquisti dopo il primo rialzo dei tassi“. La Bce, conclude Grimaldi, “non ha urgenza di fornire nuovi dettagli operativi, dal momento che in questo modo si lascia un ampio margine di flessibilità. Una cosa è certa la regola di intervento in base alle quote capitale non verrà modificata. L’impressione è che il consiglio non voglia modificare il processo di normalizzazione e che speri di poter avviare un ciclo di rialzi moderato da settembre prossimo”.

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