Il prodotto interno lordo dell’Italia salirà dell’1,5% nel 2019 dell’1,6% nel 2020 e dell’1,4% nel 2021. Ma, secondo la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018, la crescita potrebbe anche essere superiore se gli investimenti pubblici e privati riusciranno a scuotere l’economia italiana recuperando il gap con il resto del Vecchio Continente. Tuttavia, le previsioni ottimistiche sul pil, atteso quest’anno in calo all’1,2%, non sono sufficienti a scongiurare definitivamente nel 2020 gli aumenti dell’Iva per cui si prevede al momento solo “una loro riduzione”. Salvo intervenire successivamente grazie a misure di tagli alla “spesa e di potenziamento dell’attività di riscossione delle imposte”.

Non è questo l’unico punto dolente del documento, che prevede un deficit strutturale nel triennio 2019-2021 dell’1,7 per cento con il rischio concreto dell’avvio di una procedura d’infrazione da parte di Bruxelles. Anche perché il pareggio, in precedenza previsto al 2020, viene rinviato sine die come un obiettivo da raggiungere gradualmente negli anni a venire. Anche grazie, spiega la nota, una revisione delle agevolazioni fiscali ed in particolare della deducibilità degli interessi passivi per le banche. In compenso il governo punta a rilanciare l’economia mettendo sul piatto un aumento degli investimenti (150 miliardi di cui 118 già attivabili) e promette una battaglia all’evasione fiscale attraverso l’integrazione di dati telematici a partire dalla fatturazione elettronica.

Il tutto per confermare l’attuazione delle due misure simbolo del Movimento 5 Stelle e della Lega: il reddito di cittadinanza che partirà il prossimo anno, la cosiddetta flat tax e la revisione della riforma Fornero sulle pensioni. Previsti 9 miliardi per reddito e pensioni di cittadinanza più altri 7 miliardi per la quota cento. Viene stanziato inoltre 1 miliardo per i centri per l’impiego, due per flat tax , un miliardo per le assunzioni straordinarie per le forze dell’ordine, un miliardo e mezzo per i truffati per le banche finite in liquidazione.

Il governo promette dal prossimo anno anche un intervento “in modo deciso sulla tassazione delle imprese”, come si legge nella nota che evidenzia come “i vincoli finanziari entro cui si attuerà il programma sono stringenti”. Non a caso il ministro dell’economia Giovanni Tria ha ricordato in una nota che “ora si apre la fase di confronto con la Commissione Europea, che potrà valutare le fondate ragioni della strategia di crescita del Governo delineata dalla manovra”, auspicando che il dialogo con Bruxelles “rimanga aperto e costruttivo, tenendo conto delle reali esigenze di cittadini e imprese e del ruolo che svolgono le Istituzioni”.

Nel documento di economia e finanza, il Tesoro non ha poi trascurato di dedicare una particolare attenzione alla necessità di mantenere un rapporto di fiducia con i mercati. “I recenti livelli dei rendimenti sui titoli di Stato, su cui ci si è basati per formulare le previsioni programmatiche di crescita e di finanza pubblica, non riflettono i dati fondamentali del Paese – si legge nel documento -. Contiamo che una volta che il programma di politica economica del Governo sarà approvato dal Parlamento, si dissolva l’incertezza che ha gravato sul mercato dei titoli di Stato negli ultimi mesi. Con livelli dei rendimenti più allineati ai dati fondamentali, le proiezioni di crescita economica e di finanza pubblica miglioreranno significativamente”.

Almeno questa è la speranza visto che l’Italia dovrà rifinanziarsi sui mercati internazionali. “In ottemperanza alle norme della legge di contabilità e finanza pubblica sui contenuti obbligatori della Nota di Aggiornamento del Def, il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza potrà aumentare fino a 68,5 miliardi di euro nel 2019, 56,5 miliardi nel 2020 e 45,5 miliardi nel 2021 – si legge nel documento -. Il corrispondente saldo netto da finanziare di cassa potrà aumentare fino a 147 miliardi di euro nel 2019, 110,5 miliardi nel 2020 e 96 miliardi nel 2021”. Se le previsioni di crescita saranno confermate, il rapporto debito/pil si attesterà al 130,9% nel 2019 scendendo verso quota 126,7 alla fine del triennio.

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