Venerdì 7 settembre, un F-35 italiano appartenente al 32° Stormo di Amendola atterra in Belgio alla base aerea di Kleine-Brogel. La notizia rimbalza su Twitter in un inusuale crescendo che continuerà anche nei giorni seguenti.

Il 9 settembre ancora l’F-35 italiano è protagonista di vari tweet dal Belgio, tutti firmati Lockheed-Martin.

Sempre il 9 settembre, è Billie Flynn, pilota collaudatore della Lockheed, che ci spiega da Kleine-Brogel perché l’F-35 sia il migliore aereo di tutti i tempi. Il 10 settembre, poi, l’annuncio è ripreso con enfasi dall’ambasciata americana a Bruxelles, sempre via Twitter. Il 12 settembre è invece un cinguettio dell’ambasciata Usa in Italia a rilanciare la buona notizia.

Tace, stranamente, l’Aeronautica Italiana. Certamente i twittaroli con le stellette erano impegnati in cose più importanti. Infatti, il 7 settembre allo username @ItalianAirForce, appare la notizia che la squadra di ginnastica ritmica dell’Aeronautica (ma davvero? Ginnastica ritmica?) si è esibita al Parco dello Schloss Bellevue di Berlino. Non sapremo nulla del volo dell’F-35 in Belgio, in compenso le nostre aviere hanno una squadra di ginnastica ritmica certamente poco marziale ma molto coreografica. Ohibò, avrebbe detto il Capitan Cocoricò, come siamo diventati trasparenti.

Non so chi abbia autorizzato l’Aeronautica a spedire un caccia F-35 dal tacco dello Stivale (il 32° sta ad Amendola, a due passi dal Gargano) alle Fiandre, praticamente sul Mare del Nord. Su Google Earth sono 1470 km, tracciando una linea retta. Non proprio dietro l’angolo. Di certo qualcuno ha deciso che comunque era meglio non parlarne troppo in Italia. Non si sa mai. Visto che la sola a guadagnarci con questo volo è Lockheed-Martin il che spiega l’enfasi che il costruttore americano ha messo nel pubblicizzare l’evento, immediatamente spalleggiato dalle ambasciate Usa a Roma e Bruxelles. Ai belli e facili tempi dell’opposizione, il M5S avrebbe, giustamente, scatenato un putiferio di interrogazioni e probabilmente avrebbe chiamato in causa, altrettanto giustamente, la Corte dei conti. Perché secondo dati di un paio di anni fa un’ora di volo di un F-35 costa 42.169 dollari a cui bisogna aggiungere il costo del personale al seguito (certamente qualche meccanico ha dovuto accompagnare il velivolo su un altro aereo), il costo dell’eventuale rifornimento in volo all’andata e al ritorno, le trasferte del o dei piloti. Insomma un pacco di soldi. A vantaggio di chi? Solo della Lockheed, naturalmente, che ha usato l’F-35 spedito nelle Fiandre per propagandare con tutta evidenza la sua proposta per il successore dei caccia F-16 dell’aeronautica di quel Paese. Procedura in pieno svolgimento e questo spiega anche l’appassionato sostegno da parte delle rispettive ambasciate. Come a dire: vedete, persino uno dei costruttori del Typhoon preferisce pubblicizzare l’F-35. Ergo.

Checché ne dicano Lockheed e qualche suo reggicoda nostrano, un’eventuale commessa belga ben difficilmente porterebbe vantaggi industriali all’Italia. Tant’è che gli inglesi (che pure sono partner di 1° livello nel programma F-35, noi lo siamo solo di 2° livello) a Kleine-Brogel ha spedito non un F-35 ma un Eurofighter Typhoon, anch’esso in competizione per la successione agli F-16 belgi. Certo, se volessi vendere una Jaguar a qualcuno non gli farei provare una Bmw. Che è esattamente quello che abbiamo fatto noi.

Ma evidentemente l’istinto tafazziano è vivo e lotta assieme a noi (a loro, in verità). Non importa che dipenda da una inconscia subalternità psicologica all’America o da qualcosa di più inconfessabile (dopotutto la Lockheed è la stessa di Antilope Cobbler, vicenda per cui finirono condannati tra gli altri il ministro della difesa Mario Tanassi e il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Duilio Fanali). L’eventuale assegnazione del contratto belga a Eurofighter avrebbe invece un riscontro immediato e tangibile per l’industria italiana perché il Typhoon è un prodotto anche di Leonardo che detiene il 20% delle quote. Non così per l’F-35 dove eventuale nuovo lavoro per le nostre aziende arriverà solo se i prezzi che Lockheed riuscirà a spuntare saranno più bassi della concorrenza.

Dunque questo volo da piazzista (ma forse sarebbe meglio parlare di commesso viaggiatore, vista la quantità di chilometri che si è dovuto macinare) per l’aereo del 32° Stormo non è un buon segnale. Anzi è pessimo, diciamocelo, per la sorte della revisione del programma F-35 annunciata più di una volta dalla ministra Trenta, l’ultima volta alcuni giorni fa in un’intervista al Corriere della Sera. Dopo anni di ordini del giorno parlamentari, documenti e impegni a contenere i costi (l’ultimo, teoricamente vincolante, fu votato dalla Camera nel settembre 2014 e avrebbe dovuto comportare il taglio del 50% della spesa per gli F-35), elementi per una valutazione compiuta dovrebbero essercene già anche troppi. La ministra parla di analisi in corso da parte dei competenti organi tecnici. Se sono gli stessi che negli anni scorsi avevano esaltato le magnifiche sorti e progressive dell’F-35 con i suoi diecimila (poi diventati seimila, ma oggi sono 1500) posti di lavoro, auguri. Se mai vedremo una riduzione del numero degli F-35, temo che al massimo riguarderà i 15 esemplari a decollo corto che nessuno sa davvero perché l’Aeronautica si ostini a volere. E in ogni caso, anche con questo ipotetico taglio, resteremmo sempre il più grande cliente europeo di F-35. Vedremo.

Ps: state sul pezzo, nei prossimi giorni vi dirò perché l’Italia deve comprare l’F-35 (secondo Donald Trump).

[Foto tratta dal profilo Twitter ufficiale di Lockheed-Martin

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