Un colpo di mortaio ha colpito sabato mattina l’Hotel Waddan, poco distante dalla sede dell’Ambasciata italiana a Tripoli, ferendo tre persone. Fonti diplomatiche hanno spiegato che il personale diplomatico italiano è illeso, ma secondo Libya Times l’edificio era uno degli obiettivi dell’attacco. Il primo missile l’ha mancato “di pochi metri” colpendo invece il quarto piano dell’albergo, mentre il secondo ha mancato gli uffici del primo ministro Fayez al-Serraj. L’identità del gruppo che ha sferrato l’attacco, sottolinea il sito, resta ignota, ma “molti accusano la Settima Brigata” di Tarhuna, mentre altri le “milizie basate nelle caserme di Hamzah situate in un’area a ovest di Tripoli”. Nella capitale del Paese, che dovrebbe andare a elezioni nei prossimi mesi, sono iniziati la scorsa settimana nuovi scontri, che continuano nonostante l’intesa per il cessate il fuoco raggiunta martedì tra governo di accordo nazionale e milizie rivali.

Sabato mattina la Commissione per la riconciliazione, composta da rappresentanti di Tarhuna, Misurata, Zawiya, Tripoli e Zintan, aveva annunciato che era stato raggiunto un accordo per una nuova tregua, la terza in quattro giorni, riporta il sito d’informazione ‘Libya Observer’. Era dunque prevista l’immediata cessazione delle ostilità e l’ingresso di una forza neutrale a Tripoli composta da “forze delle zone militari occidentali e centrali”. L’intesa prevede, inoltre, che si tenga una nuova riunione venerdì prossimo per “allentare le tensioni tra i gruppi in conflitto e cementare il processo di riconciliazione”, come evidenziato in un comunicato della Commissione. La Settima brigata di Tarhuna, milizia dipendente dal ministero della Difesa del governo di accordo nazionale che nei giorni scorsi ha dato il via agli scontri, ha annunciato che rispetterà l’accordo dopo una “mediazione delle tribù”. La Settima brigata, che inizialmente aveva respinto il cessate il fuoco, ha attaccato gruppi fedeli al premier Fayez al-Serraj accusandoli di essere corrotti.

I governi di Italia, Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna sempre sabato hanno diffuso un comunicato congiunto in cui “condannano fermamente la continua escalation di violenza a Tripoli e nei suoi dintorni, che ha causato molte vittime e che continua a mettere in pericolo la vita di civili innocenti”. “Ribadiamo”, continua la nota pubblicata sul sito della Farnesina, “che il Diritto Internazionale Umanitario vieta di colpire la popolazione civile e di sferrare attacchi indiscriminati. Questi tentativi di indebolire le legittime autorità libiche e ostacolare il corso del processo politico sono inaccettabili. Esortiamo tutti i gruppi armati a cessare immediatamente ogni azione militare e avvertiamo coloro che compromettono la sicurezza a Tripoli o altrove in Libia, che saranno ritenuti responsabili di tali azioni”. “Invitiamo tutte le parti ad astenersi da qualsiasi azione che possa mettere in pericolo il quadro politico stabilito con la mediazione dell’ONU, e pienamente sostenuto dalla comunità internazionale”.

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