Aung San Suu Kyi “avrebbe dovuto dimettersi”. A dirlo è Zeid Ràad Al Hussein il referente Onu per i diritti umani. In un’intervista alla Bbc, l’Alto commissario uscente parla a pochi giorni dal report dell’Onu secondo il quale i leader militari birmani devono essere incriminati per genocidio, crimini contro l’umanitàcrimini di guerra contro la minoranza musulmana dei Rohingya.

Il premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi doveva lasciare i suoi incarichi perché  “era in grado di fare qualcosa” e non l’ha fatto. La leader birmana, infatti, pur non ricoprendo la carica di capo dello stato, è consigliere di Stato, ministro degli esteri e dell’ufficio del Presidente, nonché segretario della Lega Nazionale per la Democrazia, partito che ha vinto le elezioni del 2015. Secondo l’Alto commissario Onu per i diritti umani i tentativi della leader birmana di giustificare le azioni dell’esercito – la Birmania è governata da un regime militare –  sono “profondamente deplorevoli”. Suu Kyi “era in grado di fare qualcosa”, o almeno “avrebbe potuto restare in silenzio – ha sottolineato  Zeid Ràad Al Hussein – o, meglio ancora, avrebbe potuto rassegnare le dimissioni”. E ancora: “Non c’era alcun bisogno che lei fosse il portavoce dell’esercito birmano. Non era costretta a dire che si trattava di un iceberg di disinformazione. Che erano menzogne”.

Il commissario, insomma, rende ancora più chiaro quanto già detto dalla Missione Onu per l’accertamento dei fatti sulla Birmania: Aung San Suu Kyi, “non ha utilizzato la sua posizione de facto di capo del governo, né la sua autorità morale, per contrastare o impedire il dipanarsi degli eventi nello Stato di Rakhine” contro i Rohingya. Nel 2017 la politica in un’intervista esclusiva alla Bbc aveva negato che in Birmania fosse in corso una pulizia etnica di musulmani Rohingya da parte dell’esercito a maggioranza buddista del Myanmar.

 

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