La avevano chiamato il Marianellum, dal nome del suo estensore, Sandro Mariani. È il colpa di coda tentato dal Pd in Abruzzo dopo aver appreso che sarà presto tempo di elezioni. Il governatore e senatore Luciano D’Alfonso sta per dimettersi dalla prima carica: ha scelto Palazzo Madama. Tra qualche mese quindi la Regione voterà il suo nuovo presidente e il Pd ha deciso di presentare in extremis una modifica della legge elettorale regionale. La proposta è arrivata mercoledì 7 agosto al consiglio abruzzese, l’ultimo prima della pausa estiva e l’ultimo presieduto proprio da D’Alfonso. In serata, dopo una giornata di ostruzionismo e centinaia di emendamenti presentati dalle opposizioni, la maggioranza è stata costretta a ritirare la proposta.

“ La vittoria è del M5s. La democrazia è stata tutelata in Abruzzo”, esultano i consiglieri regionali Cinquestelle. “Siamo soddisfatti di questo risultato che dimostra come nelle istituzioni il ruolo delle opposizioni sia spesso fondamentale. Le regole si scrivono e si cambiano insieme. Sinistra Italiana resterà vigile fino alla fine della legislatura per evitare che altre sveltine simili possano accadere”, commentano Daniele Licheri e Leandro Bracco, rispettivamente segretario regionale e consigliere regionale di Si.

Dopo la presentazione della proposta, erano stati proprio M5s e i partiti di sinistra a reagire in maniera più dura. “Parola d’ordine: spremere l’Abruzzo fino alla fine. È questo il motto del Pd morente che tenta un ultimo colpo di coda per cercare di ‘non perdere troppo’ alle imminenti elezioni regionali. Tanta la paura della debacle, che tentano di cambiare le regole del gioco il giorno prima di quello che sarà l’ultimo consiglio regionale della legislatura. E se per farlo c’è da calpestare regolamenti e leggi regionali poco importa, quello che conta è una poltrona garantita”, scrivevano i consiglieri regionali del M5s Sara Marcozzi, Riccardo Mercante, Domenico Pettinari, Gianluca Ranieri e Pietro Smargiassi.

La proposta di modifica della legge elettorale regionale voleva introdurre una soglia di sbarramento all’8% per le liste che corrono da sole – raddoppiandola – e al 3% per quelle che entrano in coalizioni (prima era al 2 per cento). “E non vengano a raccontarci che si fa in nome della governabilità, già garantita, in Abruzzo, dal premio di maggioranza della lista vincente”, sottolineavano i consiglieri pentastellati. Il premio previsto garantisce a chi vince le elezioni 19 consiglieri su 31 complessivi. Questo tentativo di modifica della legge elettorale, continua il M5s, è stato fatto “in spregio dell’art. 14 dello statuto della Regione Abruzzo, che vieta categoricamente di modificare la legge elettorale nei sei mesi precedenti al voto”. Pochi giorni fa il governatore uscente D’Alfonso ha affermato che si potrebbe tornare alle urne già a novembre.

“I voti delle liste che non raggiungono lo sbarramento oggi si ripartiscono tra tutti, ma con questa legge si ripartiscono solo tra le coalizioni. Non partecipano a questa ripartizione le liste che corrono da sole: dunque soltanto il M5s”, denunciava al Fattoquotidiano.it Sara Marcozzi, capogruppo dei Cinquestelle, spiegando quello che lei e gli altri consiglieri hanno chiamato “premio di consolazione“. E aveva promesso: “Faremo tutto quanto l’ordinamento ci consente per evitare l’approvazione di questa legge, poiché in violazione dello statuto che vieta modifiche nel semestre bianco“. “Qui si tornerà al voto entro l’anno“, è convinta la capogruppo M5s.

“D’Alfonso? Come Erdogan. Questa è una legge elettorale-truffa – rincarava la dose Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione comunista, originario di Pescara -. Il Pd abruzzese consegnerà la Regione, con le elezioni anticipate, alla destra o ai M5s, assecondando la fuga a Roma di un presidente ormai inviso ai cittadini e screditato. Questo è l’ultimo colpo di coda del Pd. Un’autentica sveltina, con un innalzamento della soglia di sbarramento a livelli antidemocratici, presenti solo in Molise e in Turchia”.

A essere penalizzate maggiormente potrebbero essere le liste civiche intenzionate ad aggregarsi alla sinistra del Pd e gli stessi Mdp e Sinistra Italiana. “Il 4 marzo insegna, ma non ha scolari”, commentava ironico Licheri di Si. “Appare evidente che quanto è successo a livello nazionale con le forzature del Rosatellum, non abbia insegnato nulla al Pd locale”, la reazione dei portavoce abruzzesi di Mdp. “Si vuole colpire la costruzione di un polo di sinistra, ambientalista, dei movimenti, che avrebbe potuto togliere seggi ai dem. Insomma, si tratta dell’ennesimo tentativo di risolvere per via legislativa il probabile crollo di consensi al Partito democratico, colpendo la democrazia, l’effettiva rappresentanza e la rappresentatività delle istituzioni”, protestava in una nota la Rete delle città in Comune.

Come controbattono alle accuse gli esponenti del Pd abruzzese? Ilfattoquotidiano.it aveva chiesto spiegazioni a quasi tutti i loro consiglieri regionali (compreso Mariani), ma avevano risposto in due. E le repliche divagano. “All’ordine del giorno di ieri, in commissione bilancio, non c’era nessun argomento riguardante ciò che mi chiede”, diceva il consigliere Alberto Balducci. Già, era in commissione statuto. “Le preciso che si tratta di una proposta di iniziativa consiliare e non della Presidenza del Consiglio regionale”, spiegava invece Giuseppe Di Pangrazio, che è anche presidente del Consiglio. Poi all’Ansa aveva anche sostenuto che, a suo parere, la legge elettorale “va rivista a fine legislatura e non all’inizio, per adeguarla al tempo politico”. Un argomento che il centrosinistra a livello nazionale ha rinfacciato per anni al centrodestra, contestando l’approvazione del Porcellum a fine 2015, solo quattro mesi prima della fine di quella legislatura.

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