Nel 2017 ha fatturato 790 milioni di euro, di cui 312 milioni in Italia, eppure l’azienda dei call center Comdata, nata nel 2015 e acquisita dal gruppo americano Carlyle ha annunciato la chiusura di due siti, a Padova e a Pozzuoli (Napoli). A rischio 264 lavoratori, 60 addetti della sede campana e altri 204 in quella veneta, 60 dei quali di Comdata tech, che hanno il contratto dei metalmeccanici. La trattativa tra i sindacati e la società che in Italia conta 19 centri, con oltre 10mila lavoratori, è a un punto morto. Di fronte alla proposta di Comdata di offrire ai lavoratori dei due siti un anno di solidarietà al 60%, i sindacati hanno scelto di continuare la mobilitazione e hanno proclamato, per il 29 giugno, un nuovo sciopero nazionale per l’intero turno. Ma i lavoratori non hanno molta scelta: l’unica alternativa è il licenziamento che scatterebbe il 20 luglio. Dopo diverse sollecitazioni è stata convocata una riunione al ministero dello Sviluppo Economico, il prossimo 3 luglio. “C’è rabbia per una situazione che poteva essere gestita diversamente da un’azienda che da un lato annuncia chiusure, dall’altro assume, cosa che sta avvenendo a Milano”, racconta a ilfattoquotidiano.it Nicoletta Rampazzo, dipendente a Padova e delegata Cgil. Proprio Milano è la sede più vicina dove i dipendenti potrebbero trasferirsi, servendosi anche di incentivi, “ma nell’ufficio di Padova – spiega Rampazzo – lavorano soprattutto donne, tra i 40 e i 45 anni, con figli a carico. Per loro sarebbe uno stravolgimento di vita”.

L’ANNUNCIO DEI LICENZIAMENTI – La situazione è precipitata dopo che Tim ha tagliato i contratti con Comdata del 20%. La multinazionale, che si occupa anche di servizi di back office e gestione del credito, ha così deciso di ridimensionare il perimetro aziendale e, il 4 maggio scorso, ha presentato un piano per chiudere i due siti. L’obiettivo è spostare le attività di customer care del settore bancario, oggi erogate nel sito di Padova, nella sede di Ivrea. Qui, infatti, il ridimensionamento della commessa Tim ha portato a un calo dei volumi di chiamate e ci sono 363 addetti in cassa integrazione a zero ore che dovrebbero riprendere l’attività una volta spostata la commessa da Padova. La scelta è ricaduta su due siti (dove la mole di lavoro non è mai diminuita), soprattutto perché gli stipendi sono mediamente più alti per i dipendenti, molti dei quali ex addetti Vodafone (sono 120 quelli che operano oggi a Padova) passati in Comdata quando la società ha comprato il ramo d’azienda. Lavoratori, quindi, che hanno mantenuto trattamenti economici più vantaggiosi. Secondo Comdata qui “il costo del lavoro, sproporzionato rispetto alle commesse rimaste e al fatturato generato, congiuntamente al ridotto dimensionamento, non permette più la copertura dei costi fissi di gestione della struttura”. Duro il commento del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso: “Quella di Comdata è una scelta che guarda solo al profitto, che non tiene conto della responsabilità sociale dell’impresa e che scarica solo sui lavoratori il costo di scelte ingiuste, alimentando così una competizione al ribasso e il dumping sociale”.

LA DIFFICILE TRATTATIVA – Ma se per il sito veneto la trattativa è ancora in corso, pochissime sono le speranze di arrivare a una soluzione per quello di Pozzuoli. Per Padova la multinazionale ha proposto ai lavoratori un anno di solidarietà al 60%, il tempo necessario per spostare l’attività e formare gli operatori. Ma il timore è che, senza alcuna garanzia, allo scadere dei 12 mesi sarebbero licenziati, a meno che – ha ventilato l’azienda – non si riesca a far tornare il sito redditizio. “Qualora passasse la chiusura di singoli siti, le lavoratrici e i lavoratori di Comdata pericolosamente e potenzialmente avere lo stesso trattamento su qualunque altro sito e territorio”, hanno commentato i sindacati. Non solo. “I lavoratori sono preoccupati riguardo agli strumenti attraverso i quali si vorrebbe far tornare il sito redditizio” spiega la delegata Cgil. Che aggiunge: “Hanno parlato di piano di efficientamento, temiamo che questo significhi intervenire sul controllo delle produttività individuali e quindi su controllo a distanza, turni e flessibilità”.

LO SCIOPERO E IL TAVOLO AL MINISTERO – Dopo gli ultimi tentativi di trovare un accordo finiti nel vuoto, le segreterie nazionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil hanno indetto uno sciopero nazionale per il 29 giugno. Sciopereranno per l’intero turno i lavoratori di Padova e Pozzuoli, nelle ultime due ore del turno tutti gli altri siti. Tranne a Roma, dove, data la coincidenza con una festività di San Pietro e Paolo, la mobilitazione interesserà le ultime due ore del turno di giovedì. La vertenza approderà, poi, il 3 luglio al ministero dello Sviluppo economico, dove è stata convocata una riunione dopo le pressioni dei sindacati, mentre Possibile ha annunciato un’interrogazione parlamentare sulla vertenza. “La presenza del governo al tavolo è molto importante – ha detto a ilfattoquotidiano.it la segretaria Beatrice Brignone – e vorremmo vedere un impegno in prima persona del ministro, anche perché sono temi su cui Luigi Di Maio si è sempre speso molto, dalle delocalizzazioni al non fare profitto sulla pelle dei lavoratori. Possibile sarà accanto ai lavoratori alla manifestazione e, nel frattempo, aspettiamo risposte, dato che i tempi sono strettissimi.

I CONTI DELL’AZIENDA – A rendere il clima ancora più acceso sono le notizie che continuano ad arrivare e che descrivono un’azienda in espansione, grazie a diverse acquisizioni che hanno portato la multinazionale ad avere 49mila dipendenti in tutto il mondo. Secondo i sindacati Comdata vuole solo massimizzare i profitti, dato che non se la passa affatto male. “È recentissima l’acquisizione del gruppo francese CCA International – commenta Rampazzo – e in Italia l’azienda ha assorbito diversi call center. L’ultimo è stato quello di Wind-Tre”. Non solo. Mentre annunciava la chiusura dei siti di Padova e Pozzuoli “la multinazionale ha fatto rientrare dalla Romania una commessa Fastweb, gestita da 200 persone”. E poi c’è la sede di Milano, dove sono state da poco assunte 160 persone, la maggior parte delle quali con contratti di somministrazione, per gestire la commessa della nuova società francese di telefonia Iliad.

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