Novaya gazeta, il bisettimanale in cui lavorava la povera Anna Politkovskaja – ammazzata nell’androne di casa sua (a Mosca) il 7 ottobre del 2006, nel giorno del compleanno di Vladimir Putin da lei sempre criticato per la sporca guerra in Cecenia e la corruzione dilagante in Russia -, spiega come mai sono spariti dagli stadi i temibili ultras russi, quelli che avevano messo a ferro e fuoco gli Europei del 2016 in Francia.

Riassumo il tutto: la polizia, su ordine del Cremlino, li ha schedati uno per uno censendo le loro attività (legali e no: scuole e negozi di attrezzature sportive, lucrosi tornei di arti marziali, ecc.) e li ricattatati. O rigate dritto o noi vi roviniamo i vostri business, non importa se sono sotto l’egida dei grandi imprenditori o dei dirigenti delle varie squadre. Se succede qualcosa, vi chiudiamo la fonte legale dei vostri affari. Minaccia ancor più efficace per coloro che hanno redditi di provenienza illegale. Per questo il generale Vladimir Markin, capo della sicurezza dell’Unione calcistica russa, si è detto tranquillo e non teme eventuali eccessi delle tifoserie locali. Ma sarà poi così? C’è chi parla di una sfida tra hooligans russi e inglesi, ma lontano dalle aree mondiali ipersorvegliate, in un bosco. Chi dice nella regione di Mosca e chi invece aspetta l’iter dell’Inghilterra per stabilire la località dove dirimere la questione: chi sono gli ultras più forti del mondo?

Chi è invece il prigioniero politico più famoso nelle prigioni russe ormai lo sanno tutti. È il regista ucraino Oleg Sentsov, condannato a 20 anni per aver tentato di “organizzare atti terroristici” in Crimea, dove è nato e di cui non accetta l’annessione da parte della Russia (2014). Ebbene, Sentsov fa catenaccio: non intende interrompere lo sciopero della fame per protestare contro quello che lui ritiene essere un sopruso. Sentsov, infatti, ha sempre dichiarato di essere estraneo alle circostanze delle accuse e per molti osservatori il suo processo sarebbe stato viziato da pregiudizi politici.

Fatto sta che rimane sotto stretta sorveglianza nella clinica del carcere russo Orso bianco di Labytnangi (in lingua chanti vuol dire “sette larici”), all’estremo nord della Russia, nella Siberia centro-settentrionale. Non ha ascoltato il suggerimento della Corte europea dei diritti dell’uomo che lo invitava a smettere lo sciopero. Ha deciso di continuare a oltranza. Come quei giocatori islandesi che sono diventati i beniamini di tutto il mondo, coriacei e orgogliosi: “noi non abbiamo in squadra i giocatori più forti” spiega Heimir Hallgrimsson – ex calciatore ed ex allenatore diventato ct della nazionale islandese -, lo stratega che è riuscito a portare i suoi ragazzi ai Mondiali “ma noi abbiamo il collettivo migliore di Russia 2018”. E l’ululato da stadio più bello ed emozionante: il geyser sound.

Istruzioni per l’uso

1. disporre di un grosso tamburo;

2. sollevare le braccia sopra la testa a V;

3. il tamburino deve battere due colpi;

4. subito dopo, all’unisono con gli altri, applaudire tenendo sempre le mani sollevate e contemporaneamente gridare con tutta l’aria che si ha nei polmoni “Uh!”, badando a mantenere un suono gutturale. Via via il tamburino deve aumentare il ritmo (sempre con i due colpi rituali).

Un fenomeno straordinario ha accompagnato l’avventura dei vulcanici islandesi: ci sono state infatti più di 65mila richieste di biglietti per la Russia, su 348mila abitanti, per seguire e sostenere Strakarnir okkar (“i nostri ragazzi”). Un islandese su cinque. Gli organizzatori ne hanno concessi 15mila. Mentre con gli argentini sono stati generosi: più del doppio. Toppando clamorosamente: l’Argentina tornerà a casa, molto probabilmente. Nonostante questa scarsa considerazione, i tifosi d’Islanda hanno prodotto un video “amichevole”. Su YouTube spopola il video di un coro islandese (con tamburo “Afram Iceland!”) che intona “Kalinkha”, l’inno dell’Armata rossa.

https://www.youtube.com/watch?v=PAvPnXZEki8&feature=share

Il boom del calcio nell’isola dei vulcani ai margini del Circolo polare artico sta in pochi significativi numeri: 23mila tesserati alla giovane federazione islandese (Ksi), il 74% dei quali ha meno di 15 anni. In meno di due lustri l’Islanda ha scalato vertiginosamente il ranking mondiale: era 112° nel 2010; alla vigilia di Russia 2018, stava al 22° posto. Dopo questa Coppa, passerà davanti all’Italia (anzi, a marzo era stata addirittura 18°). Pensare che la prima partita ufficiale l’Islanda la giocò nel 1946, mentre la federazione nacque l’anno dopo. Non nascondo che il mio tifo è per loro.

La cronaca, intanto, registra qualche entrata dura degli spocchiosi britannici (e gli esclusi statunitensi). I successi della Russia hanno insospettito i media e i tabloid dei due Paesi. Un revival della guerra fredda. È partito lancia in resta Travis Tygart, il capo dell’agenzia antidoping americana che ha chiesto di sottoporre la nazionale russa a controlli aggiuntivi. Hanno stupito i dati delle prestazioni “fin troppo gagliarde” dei russi che hanno corso più di tutti nelle prime due partite di Russia 2018. Calunnie che hanno provocato l’intervento di Eduard Bezuglov, il medico della squadra russa: “Solo quest’anno i nostri giocatori sono stati sottoposti a più di 300 test organizzati dalla Uefa, dalla Fifa e dalla Rusada, l’agenzia russa antidoping. Tutti hanno avuto esito negativo”.

La geopolitica del calcio è impietosa. E siamo solo al nono giorno di un torneo che finirà il 15 luglio. Volendo, i più filorussi possono leccare Putin. Costa poco: 50 copechi. Il prezzo di un lecca lecca che ha la forma della testa di Putin. Lo puoi scegliere: verde, arancione, bruno. Ho postato la foto sul mio profilo Facebook (così come il video del coro islandese).

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