Un sistema di selezione dei docenti universitari basato su abilitazione nazionale e concorsi locali non dà la garanzia di scegliere i migliori candidati. Anzi può dare risultati opposti se le singole commissioni perseguono obiettivi diversi dal merito.

di Emanuele Bajo (Fonte: lavoce.info)

Commissioni e merito

Il sistema dell’abilitazione scientifica nazionale (Asn) è stato introdotto con lo scopo di creare una selezione su base nazionale dei candidati alle posizioni di professore ordinario e associato, prima della loro partecipazione ai concorsi banditi localmente dai singoli atenei. Teoricamente, un sistema a “due stadi” dovrebbe dare maggiori garanzie sulla qualità del sistema universitario nazionale. Infatti, anche se il singolo ateneo volesse perseguire una selezione del personale universitario secondo logiche diverse dal merito, grazie alla Asn, i candidati non meritevoli verrebbero a priori esclusi dalla competizione del concorso locale.

In realtà, il sistema non garantisce il raggiungimento di questi obiettivi se la commissione incaricata per la selezione non premia il merito.

Abbiamo preso in esame il lavoro svolto nelle ultime due tornate di abilitazione scientifica nazionale dalla commissione 13B4 (“Finanza aziendale” e “Economia degli intermediari finanziari”). Contrariamente a quanto sarebbe lecito attendersi, i dati non evidenziano differenze in termini di produzione scientifica tra chi ha ottenuto l’abilitazione e coloro a cui è stata negata.

Figura 1

La figura 1 mostra alcune metriche comunemente utilizzate per la misurazione della qualità della produzione scientifica: il numero medio di prodotti di fascia A (Anvur), di articoli classificati dalla Abs come “3” o superiori e di prodotti dotati di impact factor. Questi indicatori, rappresentati dalle prime tre colonne del grafico, non sono diversi tra soggetti abilitati e non, a suggerire che non sia stato il merito scientifico il fattore guida nell’attribuzione dell’abilitazione.

Se non il merito, che cosa ha guidato la scelta? La quarta colonna della stessa figura divide i candidati tra coloro che sono attualmente incardinati all’interno della medesima area concorsuale e soggetti non classificabili come tali (“fuori Ssd”) poiché impegnati presso atenei esteri o in altri settori. E mostra in modo netto che l’appartenenza allo stesso settore concorsuale è fortemente associata alla probabilità di ottenere l’abilitazione. In altre parole, da questi dati sembra emergere che l’unico fattore determinante nel conseguimento dell’abilitazione scientifica non sia il merito scientifico, ma l’appartenenza al medesimo settore concorsuale.

Confronto tra interni ed esterni

Si potrebbero naturalmente avanzare alcune critiche.

In primo luogo, si potrebbe obiettare che i candidati provenienti da altri settori non sono stati abilitati in quanto semplicemente meno meritevoli. In realtà la figura 2 mostra che forse è vero il contrario, dal momento che gli indicatori scelti per misurare la bontà della produzione scientifica sono migliori per i candidati “fuori settore”.

Figura 2

La seconda possibile eccezione riguarda il principio della coerenza con le tematiche investigate all’interno del settore scientifico. Si potrebbe infatti eccepire che i candidati incardinati sotto settori diversi dal 13B4 possano essere sì produttivi, ma non sui temi inerenti al settore. Per fugare questo dubbio, la figura 3 mostra i medesimi indicatori riportati nella figura 2, restringendoli tuttavia alle sole riviste scientifiche classificate dal ranking Abs sotto la categoria Finance.

Figura 3

La figura 3 mostra che non esistono differenze nella produzione scientifica di area tra chi è incardinato nel settore 13B4 e chi invece proviene dall’esterno. Di nuovo, sembra che il principale criterio utilizzato per concedere l’abilitazione non sia stato il merito scientifico, ma l’appartenenza al medesimo settore, suggerendo l’esistenza di una deliberata volontà protezionistica volta all’esclusione dalle future selezioni nei concorsi locali i candidati provenienti dall’estero o da altri settori.

Si potrebbe infine sostenere che gli indicatori considerati nei grafici 2 e 3 non rappresentino una buona misura del merito scientifico. La figura 4 mostra allora i risultati della medesima analisi condotta prendendo in esame un settore concorsuale scientificamente non distante: il 13A1 (Economia politica).

Figura 4

In questo caso, la commissione sembra aver utilizzato criteri diversi. In particolar modo, mentre non vi è alcuna differenza tra soggetti già incardinati nel medesimo settore concorsuale e soggetti “fuori Ssd” (quarta colonna), gli indicatori medi di produttività scientifica dei soggetti abilitati sono tra il 60 e il 70 per cento superiori a quelli dei candidati ai quali è stata negata l’abilitazione.

Il caso del settore 13B4, che difficilmente può essere considerato isolato, sembra confermare il timore che un processo a “due stadi” non garantisce necessariamente una maggiore considerazione del merito nei processi di selezione universitaria.

In realtà, risultati migliori si potrebbero avere se i singoli atenei fossero completamente responsabili dei loro processi di selezione. In cambio di una maggiore autonomia decisionale, ogni università dovrebbe sostenere un costo maggiore (ad esempio, in termini di minori fondi dallo stato) nel caso di adozione di politiche di selezione poco orientate al merito.

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