Tre tende refrigerate, una da 200 metri quadri e due da 75, con bagni chimici all’esterno. Così si svolgeranno da lunedì le udienze di rinvio dei processi penali ordinari a Bari dopo lo sgombero del Palagiustizia per il rischio crollo, con la stessa procura del capoluogo pugliese che indaga sulle gravi criticità strutturali. Le udienze con detenuti continueranno a celebrarsi nelle sedi di piazza De Nicola, aula bunker di Bitonto ed ex Tribunale di Modugno. Una situazione “squallida”, l’ha definita il procuratore capo Giuseppe Volpe in una nota nella quale accusa direttamente il ministero della Giustizia: “Ha ricevuto informazioni ed inviti continui a rimediare ai problemi segnalati, da almeno quindici anni, se non più”.

Mentre le tensotrutture, montate dalla Protezione Civile nel parcheggio antistante gli ormai ex uffici dei magistrati, prendono forma, dall’inizio della prossima settimana dovrebbe iniziare il trasloco degli uffici della Procura e dell’ufficio gip in un altro immobile dove si lavorerà “a rotazione”. E sempre lunedì magistrati e avvocati saranno in corteo con la toga sul braccio. Su iniziativa dell’Associazione nazionale magistrati, pubblici ministeri, giudici, avvocati e personale amministrativo marceranno dalla sede sgomberata di via Nazariantz a piazza De Nicola per accogliere le autorità convocate per la riunione con il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini. Mentre martedì, nell’ex cinema Royal di Bari, l’Ordine degli avvocati con l’adesione dei magistrati baresi, terrà un’assemblea pubblica per “richiamare tutte le autorità competenti ad assumere le proprie responsabilità e ad adottare i provvedimenti necessari per garantire assoluta priorità è urgenza agli interventi risolutivi del problema”.

Il pericolo infatti che era già stato rilevato nel 2010. All’epoca il pm barese Renato Nitti aveva affidato delle verifiche tecniche al Servizio di vigilanza sull’igiene e sicurezza dell’Amministrazione della Giustizia (Visag) e ai vigili del fuoco. L’allora procuratore di Bari, Antonio Laudati, aveva poi trasmesso gli atti alla procura di Lecce perché, essendo datore di lavoro e responsabile della sicurezza dei lavoratori dell’edificio, rischiava di essere indagato a sua volta. I colleghi salentini decisero quindi di archiviare l’indagine e rinviarono gli atti a Bari. Da qui, ora, la decisione di aprire un nuovo fascicolo d’inchiesta per valutare eventuali altre responsabilità. Una storia giudiziaria, quella del palazzo di Giustizia di via Nazariantz, iniziata più di quindici anni fa. I due costruttori Giuseppe e Antonio Mininni, infatti, sono finiti al centro di due procedimenti penali, entrambi conclusi con condanne in primo grado e prescrizione dei reati in appello. Il primo processo per abuso edilizio, filone che ha portato nel 2002 al sequestro con facoltà d’uso dell’immobile (poi revocato nel 2008). Il secondo per frode in pubbliche forniture, truffa ai danni dell’Inail e del Comune e falso.

Anche sulla base di questi precedenti, ora il procuratore Volpe punta l’indice contro il ministero spiegando che “è falso” che via Arenula ha saputo della situazione di pericolo crollo solo lunedì scorso, “perché ha ricevuto informazioni ed inviti continui a rimediare ai problemi segnalati, da almeno quindici anni, se non più”. In una nota inviata al personale amministrativo, il numero della Procura di Bari spiega che “non è colpa nostra se siamo arrivati a tanto”. Adesso, aggiunge, il ministero “sta per concludere con la proprietà il contratto di locazione“, spiegando che “in base al sopralluogo effettuato nella nuova, limitata sede provvisoria, potremo allestire l’ufficio posta e la sala intercettazioni, nonché una mega-segreteria centralizzata e alcuni uffici per magistrati e parte del personale”. Il tutto servirà solo “per trattare solo le pratiche urgenti” e infatti, annuncia Volpe, “al ministero abbiamo chiesto anche un decreto di sospensione dei termini processuali“.

Per il presidente dell’Anm, Francesco Minisci occorre che le istituzioni centrali e locali “intervengano immediatamente, per consentire la ripresa del regolare svolgimento del lavoro giudiziario nel Distretto di Bari, che rischia di bloccarsi nell’arco di pochi giorni, individuando altre strutture idonee nel capoluogo pugliese” e chiede “la massima attenzione per una vicenda tanto grave quanto inammissibile che non solo non deve essere sottovalutata o relegata, ma deve essere affrontata e risolta con urgenza”. Sabato sera, in un lungo post su Facebook, il giudice Marco Guida, presidente della Seconda sezione penale del Tribunale di Bari, ha ripercorso i suoi anni nel Palagiustizia: “Entrare in quell’aula, la toga indosso, il momento che rinnova in ogni istante il tuo giuramento. E quell’aula calda o fredda, pareti scrostate o sporche, le fessurazioni, le poltrone consunte – scrive il magistrato – Quell’aula accoglie il tuo giuramento, quell’aula è lo Stato e alle pareti sembra che ci sia Caravaggio. Allora puoi amare un palazzo così. Puoi piangere perché sta morendo, ignominiosamente morendo. E con lui, oltre ai tuoi sogni, anche un pezzo di Stato”.

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