Parcheggiata la sua Ferrari in zona Fiera di Milano, Lapo Elkann apre la portiera senza guardare e una Yaris in arrivo la centra in pieno, distruggendone una portiera. Lapo sorride e tranquillizza la bellissima passeggera. La fuoriserie di Lapo, dipinta di “azzurro Lapo”, era stata personalizzata anche negli interni con un “distruptive design” che ora connota anche i cocci della carrozzeria. Ripararla costerà 30.000 euro.

Ma quanti saprebbero distruggere un bene di lusso con questa leggerezza? Va riconosciuto a Lapo un tocco di genio. In quanto Eroe dello Spreco – di denaro, di sesso, di tempo, di additivi, di “credibilità aziendale” – Lapo è, da un lato, l’erede di Mac Ronay, il mago maldestro amato da Luigi Comencini, dall’altro è l’antagonista virtuale (quasi una nemesi) di Gianni Agnelli, che incarnava la versione italiana del maschio Alfa. I due, infatti, avevano in comune solo la passione per la neve.

E’ un fatto che a Lapo si perdoni tutto. Se fosse nato all’epoca della rivoluzione francese, sarebbe forse stato l’unico aristocratico a scampare alla ghigliottina, perché i suoi sprechi colossali non sono mai ‘contro’ qualcuno. Lapo non direbbe mai: “Qu’ils mangent des brioches” (‘Che mangino brioches!’), perché conosce la debolezza, la fragilità, la sconfitta, anche se, ovviamente, sarebbe capace di distruggere, involontariamente una panetteria, magari parcheggiando la Ferrari (la prossima).

La sua opera di devastazione della mitologia degli Agnelli – l’efficienza, l’ordine industriale, la Famiglia, la parrocchia (che segnalava gli operai ‘buoni’) da assumere, l’ordine politico – è inconscia: Lapo disintegra ‘naturalmente’ ciò che Valletta costruiva usando come mattoni operai e sindacati. E forse per questo Lapo è fondamentalmente innocente. Se Briatore facesse qualcosa di analogo – ad esempio distruggesse il suo yacht su una qualsiasi spiaggia ligure – verrebbe probabilmente linciato.

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