“Non mi sembra ci siano le condizioni per cui la presidenza di una Camera vada di nuovo a un rappresentante del Pd”. La chiusura all’ipotesi di un primo passo di avvicinamento alla formazione di un governo con i voti del Pd arriva dal presidente del partito Matteo Orfini, intervistato da Lucia Annunziata a Mezz’ora in più su Rai 3. Una posizione che si allinea a quella del segretario uscente Matteo Renzi: “Secondo me quando si perde si sta all’opposizione, il voto parla chiaro. Non si può immaginare che il Pd vada al governo. Noi abbiamo perso, non si aiuta la nascita di un governo in questi casi. Non esiste in natura un accordo tra Pd e M5s”. Quindi presidenze a 5 Stelle e Lega? “Mi pare sia quello di cui si discute e lo ritengo anche legittimo visto che hanno vinto le elezioni”.

“La questione del governo sarà oggetto principale della direzione di domani”, dice Orfini riferendosi alla direzione del partito di lunedì. E ribadisce la sua posizione contraria a qualsiasi tipo di appoggio dem alla formazione di un governo M5s: “Cosa dire al presidente della Repubblica lo discuteremo domani. Stiamo all’opposizione, poi useremo il peso che abbiamo in Parlamento per far passare i singoli provvedimenti”. Orfini propone alla conduttrice un dossier in cui dimostra che nella passata legislatura sono stati molti di più le occasioni in cui i 5 Stelle hanno votato come la Lega sui provvedimenti del governo che non con il Pd: “50% contro 27%”. E aggiunge: “Io penso che qualora dovessimo decidere di sostenere un governo guidato dai Cinque stelle o insieme ai Cinque stelle, sarebbe la fine del Partito democratico. Considero il tentativo che vedo da più parti di obbligare il Pd a fare la scelta di appoggiare un un governo M5S una sorta di stalking“.

Il passaggio delle dimissioni di Matteo Renzi “penso fosse assolutamente inevitabile, lo abbiamo condiviso. Ci consideriamo tutti dimissionari con lui” dopo “una sconfitta di quelle dimensioni”. Orfini però fa un distinguo e chiede che il segretario uscente non diventi il capro espiatorio: “La divisione tra renzismo e anti-renzismo non ha molto senso. Renzi era il segretario del nostro partito perché così scelsero i nostri iscritti ed elettori e quindi era giusto sostenere e dare una mano a Renzi. Io non penso che oggi ce la possiamo cavare dando tutte le responsabilità a Renzi. Perché chi ha presieduto il partito ha le sue responsabilità. Chi ha fatto il ministro o ha governato il Paese, prima, durante e dopo, ha il suo pezzo di responsabilità. E comunque non penso che il Pd possa ricostruirsi prescindendo dal contributo anche di Renzi”.

Intanto lunedì la direzione nazionale con il possibile regolamento di conti non sarà trasmessa via streaming. E si annuncia un’accesa discussione sul tema del sostegno o meno a un governo M5s. Michele Emiliano, da sempre favorevole al dialogo, specifica che la sua linea è quella dell’appoggio esterno: “Questo significa che Di Maio prende le chiavi, fa la sua proposta e noi del Pd diciamo i punti precisi sui quali voteremo. Dopodiché lui parte”. Secondo il presidente pugliese “se si saldano Salvini e Di Maio, può nascere una nuova forma di autoritarismo, avendo anche la maggioranza per cambiare la Costituzione”. Da qui la sua idea di appoggio a un esecutivo M5s.

Intanto a Milano il Pd cittadino è pervaso da un attacco di nervi, col sindaco Sala e un maggiorente del partito come Emanuele Fiano che se le danno di santa ragione su Facebook.

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