di Paolo Dagnino

In tutta questa tribolata vicenda elettorale non è stata sufficientemente messa all’indice quella che io reputo una delle brutture più evidenti: l’approvazione della legge elettorale che sarebbe più proprio definire “inganno elettorale”. Più in particolare, non sono stati sufficientemente messi all’indice tutti quei parlamentari che a vario titolo hanno partecipato alla sua composizione ed alla sua approvazione.

Nella mia lunga vita lavorativa ho lavorato in aziende in cui chi sbagliava – anche involontariamente – veniva sanzionato. A seconda della mancanza registrata si veniva sanzionati con semplici richiami orali o verbali, con contestazioni di mancanza, con lettere di diffida, con provvedimenti che potevano variare dalla decurtazione dello stipendio alla sospensione, fino ad arrivare al licenziamento.

Questa sorta di regolamentazione è tuttora in vigore e, se possibile, in questi ultimi tempi a causa di una nuova e pessima concezione del lavoro, si è addirittura inasprita.
Ciò vale per tutti i “comuni mortali” cittadini ad esclusione dei parlamentari.

I parlamentari che hanno redatto ed approvato il cosiddetto Rosatellum, hanno deliberatamente commesso ben più di uno sbaglio. Deliberatamente perché i più accreditati istituti di sondaggi avevano da tempo preconizzato una suddivisione del consenso che avrebbe dovuto indurre persone dotate del buon senso del padre di famiglia a varare una legge sensata e cioè una legge che non consegnasse il paese alla ingovernabilità a prescindere dall’appartenenza politica.

Ciò non è avvenuto (ed è di per sé già gravissimo) ed in aggiunta, moltissimi dei parlamentari che hanno prodotto questa “legge”, – a partire da chi l’ha scritta per finire a chi l’ha approvata – rientreranno tranquillamente in Parlamento senza subire nemmeno una multa per divieto di sosta. Non mi sembra proprio un bell’esempio di quei tanti “chi sbaglia paga” che ho sentito in campagna elettorale.

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