Cucina

Cime di rapa: ricette, pulizia e storia dell’ortaggio re dell’inverno. La morte loro? Non solo con le orecchiette

Arrivato dall'Oriente, viene coltivata soprattutto in Puglia, Lazio, Campania e Molise. Celeberrimo l'accostamento con la pasta fresca pugliese, ma ecco come può diventare uno squisito antipasto o contorno

di Ernesto Pentaglia

Per la scienza è Brassica rapa sylvestris, in Puglia più semplicemente è la cim’ d’ rap. Ortaggio re dell’inverno e dell’inizio di primavera, la cima di rapa colora i campi attorno a Fasano, al confine tra Brindisi e Bari, ombelico della sua popolarità nella cucina italiana. La storia si narra però che sia iniziata in Oriente, da dove venne importata dai genovesi per poi diffondersi nelle campagne pugliesi in primis, ma non solo, visto che viene coltivata anche in Campania, Lazio e Molise.

Le caratteristiche – Pestilenziale puzza durante la lessatura e delizia per il palato quando la cottura è terminata, la cima di rapa non è esattamente come il maiale. Di roba da buttare ce n’è, eccome. L’essenziale pulizia è passaggio fondamentale per apprezzarne il gusto dolce e non ritrovarsi le papille gustative infestate dall’amarognolo tipico di gambo e foglie più grandi.

La scelta – Gli steli devono essere sottili e sodi, le foglie verdi e le inflorescenze chiuse, ancora prive del caratteristico fiorellino giallo. Questo aspetto è tassativo: per quanto il fiore schiuso sia bellissimo nei campi, in cucina denota la mancata freschezza del prodotto. Avete preso quelle giuste? Bene, ora dovrete pulirle. Quindi armatevi di pazienza e di un coltello. Le inflorescenze andranno tagliate alla loro base (cercate di ‘salvare’ con pazienza le più piccole che troverete lungo lo stelo: solitamente sono le più dolci) e non buttate le foglie di piccola e media grandezza. Gambo e foglie più grandi ed esterne, invece, dovrete gettarle.

La ricetta – Per quanto il piatto più famoso siano sicuramente le orecchiette condite con le cime di rapa (en passant: l’orecchietta, sia chiaro, va cotta nell’acqua dove avrete precedentemente sbollentato le cime), la morte loro non è detto che sia per forza con la tipica pasta fresca pugliese. Vi proponiamo le rape ‘nfucate o rape ssittati, squisito antipasto o contorno della cucina tradizionale pugliese.

Preparazione

Dopo aver lavato bene le cime e le foglie, sbollentatele in acqua già salata e scolatele non appena riprende il bollore. Mettetele in una padella, dove avrete precedentemente fatto appassire la cipolla tagliuzzata a fettine nell’olio extravergine di oliva. Aggiungete la foglia di alloro. Dopo un paio di minuti, abbassate il fuoco al minimo e coprite le cime di rapa con un piatto piano, sul quale adagerete una brocca di vetro piena d’acqua o comunque un peso che esercitando pressione sulle rape le faccia appunto ssittare (cioè sedere, rassettare) o ‘nfucare (affogare) nell’acqua che libereranno nel corso della cottura. Lasciatele cucinare per 45 minuti circa o comunque fino a quando una parte delle rape non sarà diventata cremosa. Rigiratele di tanto in tanto. Pochi minuti prima di spegnere aggiungete il peperoncino e correggere con il sale, se necessario.

Ingredienti per 4 persone

1 kg abbondante di rape
Una cipolla piccola
1 foglia di alloro
Sale e olio evo q.b.
Peperoncino a piacere

N.b.: un’interpretazione più talebana della ricetta tradizionale delle rape ‘nfucate prevede l’uso dell’aglio al posto della cipolla e la cottura a crudo direttamente in padella, senza il passaggio nell’acqua bollente. Il gusto sarà ancora più deciso, ma la digeribilità ne risente. Burp.

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