Diciotto ore. Questo il tempo trascorso tra la prima convocazione della Direzione del partito Democratico, prevista per venerdì alle 10.30 (e fatta slittare alle 16 ufficialmente per non “sovrapporsi all’inaugurazione dell’anno giudiziario”), poi da metà pomeriggio fatta scalare alle 20 e, ancora, posticipata alle 22.30. L’avvio reale solo alle 02.29 di sabato mattina.

Alle 4 la direzione dem, cha messo il timbro sulle candidature per il prossimo Parlamento, è terminata con le minoranze che non hanno partecipato al voto.

Tra le candidature più discusse – e che la direzione del partito guidato da Matteo Renzi ha confermato – c’è quella della sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Governo Gentiloni ed ex ministro delle Riforme del Governo Renzi, Maria Elena Boschi, candidata a Bolzano. Una candidatura che molti dem, negli intervalli delle tante riunioni succedutesi al ‘Nazareno’ scelgono di non commentare, ma alcuni renziani, tra cui Andrea Marcucci difendono: “Se i leader hanno dimostrato capacità a livello nazionale e sono ben accolti dai territori, giustamente, è possibili candidarli ovunque”.

La composizione delle liste, che è stata definita da Matteo Renzi “una delle esperienze peggiori, una delle esperienze più devastanti dal punto di vista personale” nel corso della sua relazione ‘notturna’, alla quale è seguito l’intervento di Lorenzo Guerini che ha letto ai componenti della Direzione tutti i nomi dei candidati, ma quando manca poco alle quattro del mattino, si consuma lo strappo: è Andrea Orlando a spiegarlo ai cronisti rimasti fuori dalla sede del Pd: “Non abbiamo partecipato al voto perché per votare le candidature, bisogna avere la possibilità di valutarle conoscendole e noi alcuni nomi li abbiamo sentiti solo questa sera. Avevamo chiesto un’ora per poter valutare il complesso delle proposte, purtroppo non ci è stato concesso”. Minoranze che chiedevano al segretario Renzi il rispetto delle percentuali dell’ultimo congresso del Partito, percentuali a cui dovevano corrispondere in equa misura ‘seggi sicuri’ per l’elezione. “Se leggono 900 candidature è difficile capire come sono ripartite” si lamenta il ministro della Giustizia. Per Gianni Cuperlo l’intera vicenda della composizione delle liste è stata un’occasione persa per rafforzare l’unità del Pd”, mentre più netto è Michele Emiliano: “Purtroppo il Segretario ha deciso di far prevalere nelle liste i suoi a lui più fedeli e ha rinunciato alla grande energia che poteva derivare da un partito plurale”.

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