Nuovi dettagli sulla vicenda del sottomarino argentino Ara San Juan, scomparso nell’oceano Atlantico lo scorso 15 novembre. Mesi fa infatti c’era già stato un guasto, un incidente simile a quello che avrebbe causato la presunta esplosione registrata prima della sua ‘sparizione’. Il particolare è stato reso noto dal ministro della Difesa, Oscar Aguad, che ha anche confermato la morte dei 44 membri dell’equipaggio. Si tratta del primo riconoscimento pubblico da parte del governo, anche se la decisione di sospendere la missione di salvataggio, dava ovviamente per scontato l’impossibilità di trovare ancora qualcuno in vita.

In un’intervista al canale televisivo Todo Noticias, Aguad ha rivelato che il sottomarino aveva “sofferto di un incidente simile”, anche se prima dell’inizio della missione, nei primi giorni di settembre, “erano stati fatti tutti i controlli del caso”, e il capitano aveva informato che il sottomarino “era in perfette condizioni per navigare”. Durante quest’incidente dell’acqua era entrata nello snorkel (il sistema di ventilazione che emerge in superficie per consentire la ricarica delle batterie in immersione), ma senza “arrivare alle batterie”. Tra l’altro, secondo quanto reso noto in televisione dal ministro, le riparazioni del sottomarino fatte tra il 2008 e 2014 non sarebbero state fatte a norma: “Ci fu una denuncia che dava conto della presenza di anomalie, ma si archiviò senza indagare. Quello che posso provare è che le riparazioni del sottomarino, anziché 2 anni, sono durate 5 anni”.

Ma non è l’unico nuovo dettaglio che emerge sulla vicenda. Secondo quanto riporta il quotidiano El Clarin, Aguad sarebbe convinto che la Marina abbia nascosto fin dall’inizio le otto chiamate di allerta, fatte attraverso il telefono satellitare, dal sottomarino. Il sospetto è che non abbia dato informazioni di primaria importanza che forse avrebbero potuto far scattare le ricerche subito dopo l’incidente. Una delle tre imprese incaricate di mantenere il sistema di comunicazione del sottomarino, Tecsa, ha confermato che il comandante in capo del San Jaun, Martin Fernandez, aveva chiamato almeno otto volte la Base navale di Mar del Plata, descrivendo i guasti che poi si sarebbero rivelati fatali. La sede di Mar del Plata aveva poi ritrasmesso questi messaggi a Puerto Belgrano, dove si trova il Comando delle forze sottomarine, ma né da Mar del Plata né da Puerto Belgrano questi messaggi sarebbero stati inviati ai loro superiori. Solo venerdì 17, cioè due giorni dopo l’ultimo contatto, il comandante della Marina, l’ammiraglio Marcelo Hipolito Srur, e il ministro Aguad, furono informati delle otto chiamate di allerta del sottomarino, della durata complessiva di 55 minuti. Il portavoce della Marina ha confermato che sono “le prime chiamate fatte dal comandante in cui informa del guasto, del cortocircuito e del principio di incendio”. Dati che ora saranno analizzati dal giudice Marta Yanez che dovrà accertare anche se ci sono state responsabilità da terra commesse da chi poteva sapere cosa stava succedendo nel sottomarino, e forse, non ha agito di conseguenza.

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