“Ci siamo scritti durante gli anni. L’ho aiutato a scrivere un libro. Io ho lettere di Alberto Torregiani in cui mi dice testualmente che non ha nessun dubbio sul fatto che io non ho niente a che vedere con la morte del padre”. Cesare Battisti, tornato in libertà in Brasile e condannato a quattro ergastoli in Italia, parla così in un’intervista esclusiva al Gr1 Rai. E’ in collegamento da Cananéia, da dove attende il pronunciamento della Corte suprema sulla richiesta di estradizione, che è stato rinviato alla prossima settimana. E tra le condanne in Italia c’è anche quella a 13 anni e cinque mesi per la morte del gioielliere Pierluigi Torregiani. Ma lui dice di avere “una relazione” con suo figlio, Alberto Torregiani, rimasto ferito gravemente nella rapina e da allora rimasto invalido.

Torregiani: “Battisti è una persona pericolosa” – Una versione che il diretto interessato smentisce. “È assodato che Cesare Battisti non era presente all’omicidio di mio padre. L’ho sempre dichiarato e posso continuare a dichiararlo fino alla morte. Conosco sia i nomi che i cognomi dei responsabili e ho visto uno di loro in faccia. Questo però non preclude le sue responsabilità come ideatore e responsabile morale dell’attentato. Battisti – ha continuato il figlio del gioielliere – è ancora un terrorista, perché è stato un leader dei Pac ed è una persona pericolosa”. Poi prosegue: “Cesare Battisti racconta solo balle. Non è vero che abbiamo scritto un libro assieme, io ne ho scritto solo uno ma senza di lui. Non ho avuto contatti diretti con lui a livello epistolare, se non attraverso tre mail che ho ricevuto tramite una sua amica, in cui lui mi pregava di rispondere alle sue richieste e nient’altro”. Per Torregiani l’ex terrorista “si sta attaccando a tutte queste cose per cercare di spostare l’attenzione e proclamarsi innocente” perché “teme l’estradizione e sa che questa volta può succedere”.

E continua: “Se Cesare Battisti ha le prove della sua innocenza, basta solo che lui le presenti al Tribunale brasiliano, alla Corte Federale o ai nostri giudici o anche in televisione, ai media. Le opzioni le ha. Non vedo perché non le usa invece di rompere alle famiglie delle vittime”. Non capisce nemmeno “perché continua a tirare in ballo Alberto Torregiani come persona. – aggiunge il figlio dell’orefice, rimasto ferito gravemente nella rapina e da allora rimasto invalido – . Essendo in carrozzina, io sembro la vittima da mettere sul palo e da usare come difesa. Se Battisti mi vuole usare come capro espiatorio – prosegue – ha sbagliato completamente persona”. “Battisti continua a proclamarsi innocente non solo sul caso Torregiani – ha aggiunto – di cui io continuo a ribadire che non è materialmente colpevole perché non era presente anche se ha le sue responsabilità, ma poi che lui abbia in mano prove che dimostrano la sua innocenza anche sugli altri casi. Non per altro ha dichiarato che lui prima che avessero luogo i quattro omicidi per i quali è stato condannato non era più presente nel gruppo dei Pac”, ha concluso.

Battisti: “La lotta armata è stata un suicidio” – L’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo è stato arrestato lo scorso 4 ottobre per traffico illegale di valuta e riciclaggio mentre stava cercando di scappare in Bolivia. “E’ stata una trappola. Qualcuno ha voluto portarmi alla frontiera con la Bolivia”, ha detto ai microfoni del Gr1, aggiungendo: “Faccio autocritica sull’uso della lotta armata. E’ stato un suicidio. E’ stata una cosa che non poteva dare risultati buoni per nessuno. Come si può essere soddisfatti o fieri di tanta violenza, tanti omicidi e tanto sangue da una parte o dall’altra”, afferma. “E’ chiaro che ho compassione per le vittime. Ho 62 anni, ho dei figli e sono nonno”. Battisti non nega di aver fatto parte di questa guerra, “ma fortunatamente – sostiene – ne sono uscito prima che cominciassero gli omicidi nel mio gruppo”. Il pentimento riguarda anche il periodo in cui ha fatto parte dei Proletari Armati per il Comunismo perché, afferma ancora Battisti, “anche indirettamente ho partecipato a delle idee che hanno portato a una follia, a un delirio, a una strada senza uscita”. Ora, in attesa di capire se verrà o meno estradato in Italia, ora dovrà comparire periodicamente in tribunale, non potrà allontanarsi dalla zone di residenza e dovrà indossare un braccialetto elettronico che permetterà di monitorare la sua permanenza in Brasile. Lui, però, si dice fiducioso del fatto che la richiesta di estradizione non verrà accolta dall’Alta corte brasiliana: “Nel plenario ci sono diverse voci, molte delle quali sono a mio favore”. Poi ha aggiunto che nel paese sudamericano “tutti mi vogliono bene” e che si sente “accettato da tutti”.

Le condanne, l’arresto e la richiesta di estradizione – Il Supremo tribunale federale brasiliano ha rinviato alla prossima settimana la decisione da cui dipende la sua estradizione. Nel frattempo, i giudici del tribunale regionale federale della Terza regione, a San Paolo, hanno stabilito all’unanimità che l’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac) debba restare in libertà, ma che per lui vengano mantenute misure cautelari alternative. Il 7 ottobre, due giorni dopo che l’ex terrorista italiano era stato arrestato a Corumbà al confine con la Bolivia e accusato di traffico di valuta, il giudice José Marcos Lunardelli dello stesso tribunale paulista gli aveva concesso l’habeas corpus richiesto dai suoi legali. Battisti, che vive nella casa di amici a Cananeia sul litorale di San Paolo, dovrà rispettare tre misure cautelari, ha riferito la Folha de San Paolo: comparire periodicamente per informare e motivare le proprie attività, non allontanarsi dalla zona di residenza, sottostare a monitoraggio elettronico se saranno disponibili dispositivi ad hoc.

Secondo i giudici di San Paolo, il tentativo di evasione fiscale non è un crimine violento e l’italiano avrebbe potuto uscire dal Paese, se avesse dichiarato al fisco di esser in possesso di denaro. Il governo di Brasilia aveva invece affermato che si fosse verificato un tentativo di fuga, con reato di evasione fiscale per esser uscito dai confini con oltre 10mila reais, sopra il limite che la legge consente di esportare senza dichiarazione. Battisti ne aveva con sé 23mila, secondo l’accusa, mentre lui afferma fosse denaro non soltanto suo, ma anche dei suoi compagni di viaggio. L’11 ottobre, i media brasiliani avevano scritto che il presidente Michel Temer era pronto a revocare lo status di rifugiato politico all’ex membro dei Pac, nel caso il giudice Luiz Fux del Supremo tribunale federale avesse deciso di fare un passo indietro sulla concessione dell’habeas corpus.

Battisti fu condannato in Italia in contumacia in via definitiva nel 1993 per quattro omicidi. Era fuggito prima in Francia e poi Brasile, dove fu arrestato nel 2007, quando Roma chiese l’estradizione. Nel 2009 la Corte suprema di Brasilia aveva dato il suo ok, in una decisione non vincolante che lasciava l’ultima parola al presidente. E l’allora capo di Stato, Luiz Inacio Lula da Silva, nel suo ultimo giorno di mandato il 31 dicembre del 2010, aveva negato l’estradizione. Il governo di Brasilia, ore prima della discussione al Supremo tribunale federale, aveva inviato ai giudici un parere affermando che Temer abbia l’autorità di revocare l’asilo e di estradare Battisti.

Lui, dalla casa di Cananeia dove si trova con il figlio Raul di 4 anni avuto dalla compagna Priscila di 31 anni, in attesa delle decisioni dei giudici ha ribadito in un’intervista a Gr1 di essere fiducioso: “Credo sarà una risposta positiva perché stiamo parlando di legge, per la legge la mia estradizione sarebbe impossibile. Un decreto dopo cinque anni non può essere revocato”. Ha aggiunto di avere un altro timore: “Gli agenti penitenziari in Italia hanno detto che mi ammazzeranno. C’è un odio alimentato in tutti questi anni da una parte dei media e dalle forze politiche italiane”, inoltre “temo una operazione illegale con mercenari italiani“.

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