Due spedizioni, dalla Corea del Nord alla Siria, destinate all’agenzia governativa responsabile del programma di armi chimiche. Lo rivela un rapporto di un gruppo di esperti indipendenti dell’Onu, che si occupa delle violazioni delle sanzioni imposte dalle Nazioni Unite a Pyongyang. Il dossier, presentato al Consiglio di Sicurezza, parla di due spedizioni intercettate negli ultimi sei mesi, ma non fornisce alcuna informazione su quando o dove si sono verificate le spedizioni o su cosa contenessero. Il gruppo di esperti, nel rapporto di 37 pagine, ha spiegato che “sta indagando su informazioni riguardanti una cooperazione tra Siria e Nord Corea su missili chimici e armamenti convenzionali”.

Due stati membri hanno intercettato le spedizioni destinate alla Siria e un altro stato membro ci ha informato di avere ragioni per credere che le merci fossero parte di un contratto della Komid con Damasco“, precisa il dossier. La Komid – Korea Mining Development Trading Corporation – è stata inserita nella lista nera dal Consiglio di Sicurezza Onu nel 2009, ed è descritta come il principale trafficante di armi di Pyongyang ed esportatore di attrezzature relative a missili balistici e armi convenzionali. Nel 2016 lo stesso Consiglio ha aggiunto alla lista nera anche due rappresentanti di Komid in Siria. Tornano così in primo piano da una parte i forti sospetti sull’uso di armi chimiche da part del regime di Bashar Al Assad, dall’altre le sanzioni imposte alla Corea del Nord e il loro effettivo rispetto.

L’uso di armi chimiche: le ombre su Assad – La lunga stagione delle accuse a Damasco e delle successive smentite di Assad sull’uso di armi chimiche comincia nell’agosto 2013, quando la tempesta di razzi terra-terra caricati a gas sarin lanciati su al Goutha fa insorgere la comunità internazionale e finisce sul tavolo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon lo definisce ”il peggior attacco con armi chimiche contro civili dai tempi di Saddam Hussein”. Tre giorni dopo, in una intervista su Fox News trasmessa in prima serata negli Stati Uniti, il presidente Assad si diceva ”pronto a consegnare il nostro arsenale chimico a qualunque Paese si assuma il rischio di stoccarle in vista dello smaltimento”, ammettendo dunque il possesso di sostanze letali. L’ultimo caso è invece dello scorso aprile, quando l’opposizione al regime accusa Assad di un attacco “condotto dalle forze governative con gas tossici che ha portato alla morte di 58 persone a Khan Sheikhoun, città occupata dai ribelli nella provincia settentrionale di Idlib. Stati Uniti, Francia e Regno Unito presentano al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite una bozza di risoluzione che condanna l’attacco e chiede un’inchiesta sull’uso di armi chimiche. Ma trovano la ferma opposizione della Russia che appoggia Damasco e parla di “fake news.

Le sanzioni contro il regime di Kim Jong-un – Proprio poche settimane fa, a inizio agosto, l’Onu ha invece approvato all’unanimità una nuova risoluzione che inasprisce ulteriormente le sanzioni contro la Corea del Nord, con un pesante taglio all’export di Pyongyang pari a un miliardo di dollari. Il documento, votato dunque anche dalla Cina, tra l’altro vieta le esportazioni di carbone, ferro, piombo e prodotti ittici. Misure che hanno lo scopo di fermare il regime di Kim Jong-Un, reo di compiere continue esercitazioni e lanci di prova per l’utilizzo di armi nucleari. “Questa risoluzione è il più grande pacchetto singolo di sanzioni deciso nei confronti di un paese da generazioni”, aveva detto l’ambasciatrice americana all’Onu, Nikki Haley. Pochi giorni dopo la replica di Pyongyang: “La vendetta della Corea del Nord contro gli Stati Uniti sarà mille volte più grande delle dure sanzioni Onu. Il regime è pronto a dare agli Stati Uniti una severa lezione con la sua forza nucleare strategica”.

Articolo Precedente

Libia, Reuters: “Gruppo armato guidato da ex boss della mafia impedisce la partenza della barche per l’Italia”

next
Articolo Successivo

Attentato Barcellona, i fermati davanti al giudice: “L’obiettivo era la Sagrada Familia”. Scarcerato uno dei sospetti

next