Dal traffico illecito di rifiuti all’omicidio di Don Peppe Diana, attraverso la storia del clan dei Casalesi, sono questi alcuni degli argomenti svelati dal collaboratore di giustizia Domenico Bidognetti al giornalista Fabrizio Capecelatro, che li ha raccolti in un romanzo verità su oltre 20 anni di storia criminale italiana: Il sangue non si lava (ABeditore), che giovedì 13 luglio verrà presentato alle 18.30 alla Società Umanitaria di via San Barnaba, 48 a Milano.

Sullo sfondo della ricostruzione dei più famosi fatti di cronaca, che in quegli anni portarono il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama a definire i Casalesi la quarta organizzazione mondiale più pericolosa al mondo, la sua storia personale e soprattutto la sua scelta di collaborare con la giustizia. Una collaborazione definita “preziosa e decisiva” dal magistrato Giovanni Conzo, in prima linea nel contrasto alla criminalità organizzata, nella prefazione al libro di cui pubblichiamo alcuni estratti.

“Una preziosa e decisiva collaborazione fu quella offerta da Domenico Bidognetti a noi magistrati del Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e, in particolare, a quelli del pool che seguiva il clan dei casalesi. Erano gli anni, non così lontani, in cui il clan aveva raggiunto l’apice del suo potere criminale, politico ed economico, tanto da essere classificato perfino dal Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, come una delle quattro organizzazioni criminali più pericolose presenti nel mondo. La sua testimonianza, arrivata dopo tanti anni di carcerazione al regime di 41bis, ci permise – seppur unitamente ad altre – di infliggere un duro colpo all’organizzazione criminale, consentendoci di identificare gli autori di centinaia di efferati omicidi, di ricostruirne le dinamiche, di procedere al sequestro e alla confisca di beni provento di reato di ingente valore, di comprendere l’enorme ma al contempo fitta rete di amicizie e collusioni che il clan dei casalesi aveva stretto con altre organizzazioni criminali similari e con l’imprenditoria e la politica.

Ora il collaboratore di giustizia non offre più la sua collaborazione solo a inquirenti che, tramite le sue dichiarazioni, vogliono assicurare la giustizia in questo Paese, ma a un giornalista, Fabrizio Capecelatro, che invece ha come scopo quello di mostrare ai suoi lettori i lati oscuri e peggiori delle organizzazioni criminale. Ed è per questo che il racconto parte da molto lontano, dalla nascita del clan dei casalesi e – forse per la prima volta – ne ricostruisce l’intera storia, sapendo di poterlo fare dal punto di vista assolutamente privilegiato di chi vi ha partecipato, di chi è stato protagonista degli eventi e, quindi, può raccontare i fatti e spiegare le dinamiche dall’interno.

Ripercorrendo la storia del clan dei casalesi, il racconto mette in evidenza la capacità pervasiva e distorsiva dell’organizzazione criminale, la vigliaccheria dei suoi compenti, la fragilità delle alleanze e delle amicizie, spesso nate esclusivamente sulla scia del mero interesse economico o del rafforzamento militare e, proprio per questo, pronte a cambiare o finire per futili, se non insistenti, motivi. Il racconto di Bidognetti arriva, quindi, al destino che inesorabilmente attende chiunque decida di entrare a far parte di una qualsiasi organizzazione criminale di tipo mafioso. Quel destino che egli stesso ha subito e che ha visto verificarsi tanto per i suoi amici quanto per i suoi nemici. Ma soprattutto quel destino che, dopo essersi reso conto di quanto fosse impossibile sfuggirvi, ha voluto evitare ai suoi figli.

Fabrizio Capecelatro ha inoltre scelto di non raccontarci le dichiarazioni di Domenico Bidognetti, ma ha lasciato parlare lui in prima persona, così come se potesse rivolgersi a ciascun lettore e raccontargli i lati peggiori di quel mondo di cui ha fatto parte. Questo libro, facendo da tramite, pone quindi idealmente il criminale direttamente di fronte al cittadino e io, leggendo queste pagine, sono tornato con la memoria agli interrogatori in cui, attonito, ascoltavo i suoi racconti e alle aule di tribunale da cui, in videoconferenza, egli testimoniava (e testimonia tuttora), a noi magistrati e alla società tutta, lo sciagurato mondo della criminalità organizzata. Racconti che, senza questo libro, sarebbero rimasti chiusi negli archivi dei palazzi di giustizia e invece, ora, possono diventare di monito per chiunque”.

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