“E’ stato sufficiente un minuto per la firma delle linee guida per la Brexit“. Lo ha sottolineato un portavoce del Consiglio europeo a valle della firma apposta dai leader dei 27 al documento che fissa i paletti  intorno ai quali sviluppare le trattative tra Ue e Gran Bretagna. Prima e fondamentale tappa del vertice straordinario che per la prima volta nella storia dell’integrazione europea ha segnato l’avvio ufficiale dei negoziati per l’uscita – invece che l’adesione – di un Paese membro, cioè la Gran Bretagna, il 28mo partner già assente al tavolo del summit.

Le linee guida del negoziato – Le linee guida, che regolano il negoziato del divorzio del Regno Unito dal blocco Ue, prevedono un negoziato per fasi: prima trovare un accordo garantendo i diritti dei cittadini, il rispetto degli impegni finanziari della Gran Bretagna verso l’Ue e la soluzione della questione delle frontiere tra Irlanda del Nord e Irlanda. Solo dopo la discussione sulla cornice delle relazioni future tra l’Unione e il Regno Unito. Da quando è iniziato il processo interno alla Ue a 27 di definizione delle linee guida per la Brexit, non sono stati apportati cambiamenti sostanziali al testo sottoscritto, spiegano fonti europee, che sottolineano anche come le poche modifiche fatte seguano una logica di rafforzamento della posizione.

Il summit a Bruxelles – Al loro arrivo al summit i capi di Stato europei avevano evidenziato che Londra dovrà pagare il conto della sua decisione, che i 27 devono essere uniti nel condurre il negoziato e che la priorità delle priorità è quella di salvaguardare i diritti dei cittadini Ue che risiedono in Gran Bretagna. Dopo la firma i leader dei 27 si sono riuniti per esporre le proprie priorità e preoccupazioni, anche alla presenza del capo negoziatore Michel Barnier. In ogni caso difficilmente i negoziati potranno entrare nel vivo prima di conoscere l’esito delle elezioni anticipate indette dal governo inglese per l’8 giugno prossimo.

Merkel: “Nessuno deve farsi illusioni” – Vogliamo una buona relazione con la Gran Bretagna ma anche difendere i nostri interessi, finora questo è riuscito molto bene, ed è un buon punto di partenza per continuare a farlo durante i negoziati”, ha detto per esempio Angela Merkel sottolineando che “prima ci saranno i negoziati per la separazione e solo dopo” passi avanti su questo fronte “potremo parlare anche del futuro”. Le prime priorità, ha aggiunto, saranno la tutela degli “interessi dei cittadini Ue in Gran Bretagna e dei cittadini britannici nell’Ue” e “la questione finanziaria” di quanto Londra dovrà pagare per uscire dall’Unione. “Non c’è nessuna cospirazione“, ha precisato poi Merkel, confermando di aver “detto che nessuno deve farsi illusioni“.

Hollande: “C’è sempre un prezzo da pagare” – Anche io ho la stessa impressione”, ha fatto eco Jean-Claude Juncker rispondendo a chi chiedeva se condivide le parole della cancelliera secondo cui c’è “la sensazione che qualcuno in Gran Bretagna si faccia delle illusioni, e deve essere detto chiaramente che questo è tempo sprecato”. Un concetto ribadito anche dal presidente della Francia Francois Hollande: “C’è sempre un prezzo da pagare per lasciare l’Unione”. “Non è una punizione – ha aggiunto – non si tratta di far pagare chissà quale importo, si tratta di subire le conseguenze e perdere tutta una serie di vantaggi”.

Juncker: “Britannici sottovalutano difficoltà tecniche” – “Voglio sottolineare la straordinaria unità dei 27 leader dell’Ue”, ha detto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk nella conferenza stampa al termine del vertice. Un entusiasmo subito frenato da Junker: “Il negoziato” con Londra inizierà dopo l’8 giugno”, cioè dopo le elezioni e “sarà difficile“, come “difficile sarà anche mantenere l’unità raggiunta a 27″. Perché, ha spiegato il presidente della Commissione, “quando tratteremo delle questioni che riguardano il bilancio, ci saranno decisioni difficili. Ci sono quelli che non vogliono pagare un soldo in più e quelli che non vogliono perdere un soldo”. “Qualche volta ho l’impressione che i nostri amici britannici sottostimino le difficoltà tecniche che dobbiamo affrontare”, ha aggiunto Juncker, raccontando che mercoledì alla cena a Londra, “tutte le volte che facevo delle domande a Theresa May rispondeva ‘sii paziente e ambizioso'”.  “L’incontro è stato costruttivo e si è svolto in un clima molto amichevole – ha concluso il presidente della Commissione – Ma il fatto è che abbiamo un problema: la Gran Bretagna vuole uscire dall’Unione e non si può fare con uno schiocco di dita”.

L’Irlanda e il problema delle frontiere – L’Irlanda non vuole tornare al passato e a frontiere ‘militarizzate’ con l’Irlanda del Nord: per questo serve “uno sforzo di immaginazione e creatività”. Lo ha detto il premier irlandese Enda Kenny esprimendo la sua soddisfazione per le linee guida sulla Brexit approvate oggi all’unanimità dai leader dei 27. Per Kenny è indubbio che la questione irlandese presenti “particolari difficoltà”. Per questo è importante che ancora oggi il presidente del Consiglio europeo Tusk abbia riconosciuto che, in caso di unione tra Irlanda e l’Ulster, quest’ultima diverrà automaticamente parte dell’Ue. Ma affinché ciò possa avvenire, nella parte Nord dovrebbe svolgersi un referendum, così come previsto dagli accordi del ‘Good Friday‘ e attualmente, ha detto il premier irlandese, “non ci sono le condizioni” per lo svolgimento di questa consultazione popolare.

Le altre questioni aperte – Tra le questioni aperte, ci sono quelle delle future sedi delle agenzie e strutture inglesi della Ue. “Mentre la futura localizzazione delle sedi delle agenzie e delle strutture Ue ubicate nel Regno Unito è una questione che spetta ai 27 Stati membri risolvere rapidamente, dovrebbero essere trovati degli accordi per facilitarne il trasferimento”, sottolineano le linee guida per i negoziati. La Gran Bretagna ospita la European Medicines Agency e la European Banking Authority, entrambe con sede a Londra, che dovranno essere trasferite sul territorio dell’Ue. Sono in lizza almeno una ventina di Paesi, tra cui l’Italia con Milano, per l’Ema e una decina per l’Eba. Parecchie città europee aspirano ad ospitare l’Ema: quelle che sembrano avere più frecce al proprio arco, almeno secondo i criteri utilizzati in passato per decidere la localizzazione delle agenzie, sarebbero Milano, Amsterdam e Stoccolma, seguite da Vienna, Bruxelles e Dublino; sono in gara però anche altre città, tra cui le spagnole Barcellona e Valencia. I capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri dovrebbero decidere nel Consiglio Europeo del 22 e 23 giugno i criteri e la procedura da seguire per decidere la futura localizzazione delle due agenzie; la decisione sull’ubicazione dovrebbe essere poi presa entro fine anno.

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