Cultura

Finanza & politica, “così il neoliberismo ci costringe a una vita a rate. Al posto del welfare state c’è la welfare bank”

Nel suo ultimo libro Gang Bank il giornalista Gianluigi Paragone analizza gli effetti dell'intreccio di interessi che lega esponenti governativi alle banche d'affari. "Hanno creato un’attitudine all’indebitamento privato che non apparteneva agli italiani. I pensionati sono i più appetibili e ora chi vuole lasciare il lavoro in anticipo dovrà chiedere un prestito. La politica ha svenduto aziende e infrastrutture al peggior offerente"

di Luisiana Gaita

Un sistema di saccheggio instaurato dalle élite, colossi bancari, fondi d’investimento, agenzie di rating, multinazionali che controllano la finanza globale. Un sistema che negli ultimi decenni ha indebolito il modello sociale e imprenditoriale italiano, con la complicità di politici portatori di altri interessi o, spesso, neppure consapevoli di ciò che votano. Gang Bank è il titolo del libro edito da Piemme e scritto dal giornalista Gianluigi Paragone, che su La7 conduce ‘La Gabbia’ e ‘La Gabbia Open’, mentre a teatro è ideatore e protagonista di un one man show sui perversi intrecci tra finanza e politica. Gangbank, appunto. Proprio quegli intrecci raccontati nel suo libro, un atto di accusa ma anche un invito a non abbassare la testa di fronte a qualsiasi cosa venga imposta ai cittadini, accompagnata dal solito “Ce lo chiede l’Europa”. Paragone fa nomi e cognomi di chi in questi anni ha mosso i fili, di chi non ha pagato i propri debiti, di chi ha “svenduto lo Stato al peggior offerente”. E lo fa anche attraverso la cronaca, i dati e le sentenze. Ilfattoquotidiano.it ha intervistato l’autore che nel libro analizza gli effetti che questo sistema “a norma di legge”, dove la democrazia è solo apparente, ha avuto nel nostro Paese, ma anche in Europa e nel mondo.

Nel suo libro spiega come la crisi che stiamo vivendo non sia causata solo dalla politica, ma da un sistema che chiama GangBank che “si sta fregando i nostri soldi”. Da chi è gestito?
La politica è il palo e Gang Bank è messo in piedi da quelli che l’economista Federico Caffè avrebbe chiamato ‘gli incappucciati della finanza’. Con l’alone di una certa massoneria che, del resto, si riscontra nella grande segretezza con cui è stato compilato il TTIP (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti) oggetto di negoziato tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America. Riservatezza voluta dalle multinazionali su quella che si voleva vendere come la grande occasione per entrare nel mercato statunitense. Il trattato è poi saltato dopo il polverone scatenato da una fuga di notizie avvenuta per mano di Greenpeace.

Il sistema fa di tutto per non farsi scoprire. Spesso ci riesce. Perché?
È più facile controllare la politica che la finanza, dietro la quale si nasconde di tutto. Ma è anche vero che spesso gli interessi dei politici vanno proprio in quella direzione. In questo sistema è possibile che ministri dell’Economia o quelli con gli incarichi più importanti possano entrare e uscire da organizzazioni come Goldman Sachs, J.P. Morgan, Morgan Stanley e altre. Eppure Mario Monti, Romano Prodi, Gianni Letta, Domenico Siniscalco e altri hanno tutti avuto dei rapporti con queste realtà. E trovo vergognoso che colui che scriveva per nome e per conto della Commissione europea, ossia l’ex presidente José Manuel Barroso, oggi sia in Goldman Sachs, una delle banche implicate nella crisi dei subprime, vera causa della crisi finanziaria del 2007-2008.

Cosa ha generato GangBank nel nostro Paese?
Intanto l’attitudine all’indebitamento privato che, tra l’altro, agli italiani non apparteneva affatto, ma anche la perdita di lavoro e di diritti. Il neoliberismo ci sta indebitando e ci costringe alla ‘vita a rate’ e per pagarle si è disposti a dire sì a qualsiasi retribuzione. Ma la modernità raccontata ai giovani non può essere quella fatta di gig economy, partita iva, contratto atipico, voucher, condivisione, robot e app. La nostra stessa costituzione è pensata sul lavoro, sul diritto a generare risparmio e, quindi, proprietà privata. E dietro quei principi c’è stato un dibattito di un’attualità incredibile.

E in questo contesto che si è passati dal welfare state al welfare bank?
È uno dei passaggi: dalla cessione del quinto dello stipendio, al prestito vitalizio ipotecario pensato ad hoc per gli anziani, fino al leasing abitativo o immobiliare e all’Ape. I pensionati sono i soggetti più appetibili. Prima dicono loro che devono lavorare di più, poi che se vogliono andare in pensione anticipatamente devono indebitarsi con le banche. Poi c’è la casa: la nuda proprietà non basta più e quel tetto diventa la garanzia di un prestito, magari necessario per aiutare un figlio in difficoltà. E nessuno dice che tutto cadrà sulle spalle degli eredi.

Nel libro lei ricorda la storia di Diego Lorenzon, imprenditore sotto processo (poi assolto perché il fatto non costituisce reato) con l’accusa di aver evaso le tasse per salvare l’azienda.
Lorenzon aveva ragione ed ha dovuto perdere la salute per salvare il proprio onore e i posti di lavoro dei dipendenti. È una storia che racconta la giungla del debito.

Una storia che stride con quella del potere ‘intoccabile’ e con la vicenda dei 3,4 miliardi di dollari pagati dal governo Monti alla Morgan Stanley
Mentre i Lorenzon d’Italia erano disperati perché lo Stato non pagava, ma chiedeva le tasse, il governo Monti non ha mai trovato i soldi per saldare i debiti della pubblica amministrazione, ma quelli per la Morgan Stanley (troppo esposta nei confronti del debito pubblico italiano) li ha pagati eccome. Poi qualcuno ci dovrà spiegare cosa c’è dietro la montagna di derivati che noi più di chiunque altro abbiamo sottoscritto e dietro i salvataggi degli istituti di credito. E perché nonostante la crisi aumentano gli stipendi dei dirigenti di banche in piena bufera e il potere resta nelle mani di chi ha amministrato istituti di credito con risultati fallimentari.

Quali sono le responsabilità dei politici?
Ormai la finanza è talmente più grande di loro, che i politici – dopo aver assecondato idee come la privatizzazione – si sono arresi: continuano a non far valere il senso dello Stato e della Costituzione, che si cerca di svuotare con Trattati internazionali scritti ad arte dalle lobby finanziarie. La politica, d’altronde, è un poltronificio e questi signori spesso finanziano i partiti, che li mantengono in vita. Infine i più ‘bravi’ entreranno loro stessi nel gioco.

Accettando, lei racconta, di svendere lo Stato.
GangBank è un libro vecchio, antimoderno, nel quale spiego perché credo più nel pubblico (dove rimane ancora una possibilità di controllo) rispetto alla favola delle privatizzazioni. La svendita dell’Italia passa dai tecnocrati di GangBank. La Sip, l’Eni, le Poste Italiane che diventano delle banche. Io non mi spiego perché ‘regalare’ ai Benetton le autostrade, dato che quelle infrastrutture sono state costruite con i soldi degli italiani. D’altro canto la Banca d’Italia è privata, in mano a quelle stesse banche che dovrebbero essere sottoposte a vigilanza.

Qual è il futuro dell’Europa?
I padri costituenti di questa Europa sono quelli del GangBank, che utilizzano la scusa del debito pubblico per dettare le regole. Oggi l’Europa non funziona perché è mancato un ragionamento politico. Non credo al futuro dell’Europa se resterà una ‘creatura da laboratorio’. Credo che se un giorno ci sarà un’identità europea, questa debba avere un accento culturale nel Mediterraneo, non certo nella Germania a cui, voglio ricordarlo, sono stati cancellati i debiti di guerra. L’Europa non può prescindere dal Mediterraneo.

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