Che sorpresa: la legge elettorale non arriverà in Aula alla Camera lunedì prossimo come invece era stato deciso. Non ci voleva la palla di vetro, vedendo l’atteggiamento dei partiti in Parlamento, ma ora c’è anche l’ufficialità. Lo ha messo nero su bianco il presidente della commissione Affari costituzionali, Andrea Mazziotti Di Celso, che ha scritto alla presidente dell’assemblea di Montecitorio Laura Boldrini per comunicarle che la commissione non è in grado di concludere il lavoro entro quella data. La scusa, prevedibilmente, sarà la settimana di passione del Pd che ha portato alla fuoriuscita dei bersaniani.
Anche per il fatto che la situazione si complica con la spaccatura del gruppo del Pd la commissione ha deciso di svolgere l’audizioni di alcuni esperti. Questi si pronunceranno anche su alcune ipotesi di ritocco dell’Italicum che il relatore Mazziotti ha già scritto. Tra queste c’è già una polpetta avvelenata per il “nuovo soggetto del centrosinistra” appena annunciato da Roberto Speranza, uscito con il resto di Sinistra Riformista dal Partito Democratico. La proposta di Mazziotti, infatti, è di innalzare e omologare la soglia di sbarramento per entrare al Parlamento: dal 3 al 5 per cento. L’asticella si alzerebbe per il Nuovo Centrodestra e infatti Fabrizio Cicchitto lo definisce “un modo lievemente barbaro di fare le leggi elettorali”. Ma la strada sarebbe in salita anche per quel partito – che ancora deve formarsi – che probabilmente unirà Speranza e Enrico Rossi. Anche perché questo pezzo del Pd che se ne va è ben lontano dal raggiungere un’intesa con Sinistra Italiana e gli altri partitini a sinistra del Partito democratico.
Mazziotti Di Celso ha poi presentato altre proposte di modifica. La prima è una “diversa soglia per l’accesso al premio attualmente fissata al 40 per cento“, per esempio il 37 come la prima versione dell’Italicum. La seconda proposta è l’attribuzione del premio ad un partito sia alla Camera che al Senato, se esso ha superato la soglia (40% o più bassa) in entrambe le Camere, come propone Giuseppe Lauricella (Pd). Terza proposta è un premio di seggi fisso (ad esempio 90) al partito più votato, che è una proposta (chiamata Italikos, figurarsi) dei Giovani Turchi, una delle correnti del Pd.
In ogni caso le lungaggini (prevedibili) hanno spinto a protestare i Cinquestelle, secondo i quali la colpa è del Pd perché “la verità è che non vogliono farci votare”, come dice il deputato Danilo Toninelli. Accusa respinta dal capogruppo democratico in commissione Emanuele Fiano che ricorda che i democratici hanno da tempo depositato una proposta di riforma elettorale – il Mattarellum, a firma Michele Nicoletti – e non hanno mai chiesto rinvii, che invece sono stati chiesti e ottenuti dai partitini insieme a Forza Italia a dopo la Consulta. In realtà i rinvii – da dopo il 4 dicembre – sono stati parecchi e in qualche caso anche all’unanimità. Il risultato è stata l’astensione dalle proprie responsabilità in attesa della Consulta e in generale un continuo sperpero di tempo.
Mazziotti (Civici e innovati, cioè ex Scelta Civica) ha illustrato in commissione la sentenza con cui la Corte Costituzionale ha modificato l’Italicum (in pratica bocciato il ballottaggio), ricordando che quella del Senato è un sistema molto diverso e quindi serve un’operazione di omogeneità tra le due leggi. “E’ un monito all’intero Parlamento – dice Mazziotti – non dare al Paese una legge omogenea e funzionante, per meri interessi di partito, significa tradire lo spirito del nostro sistema costituzionale”. Fiano ha rilanciato il Mattarellum, tuttavia, diversi deputati del Pd, in un’assemblea della settimana scorsa, ha visto varie voci critiche. Tra queste quella del ministro Dario Franceschini che ha invitato al “realismo e a pochi ritocchi all’Italicum, come il premio alla coalizione”. Da un altro fronte altri deputati Pd spingono per l’eliminazione dei capilista bloccati.
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