“Sentinella quanto resta della notte?” la sentinella risponde “viene il mattino e poi anche la notte” Isaia 21. Con queste parole ricavate dal Vangelo, Don Giuseppe Dossetti ormai avanti negli anni e malato, gettò il suo grido d’allarme all’indomani della vittoria elettorale di Silvio Berlusconi nel 1994. Il timore fondato del frate ex partigiano, era l’attacco alla Costituzione repubblicana, da parte di un potente agglomerato “economico finanziario che si trasforma in dominio politico”.

Invitò pertanto tutti i democratici a fondare comitati per la difesa della Costituzione che dopo la sua morte si denominarono appunto “Comitati Dossetti”. Se si rileggono le vicende del 1994 alla luce di quel che è accaduto dopo e oggi, si comprende come quell’avvertimento avesse un valore altamente politico e profetico e che oggi conserva tutta la sua stringente attualità.

Dossetti paventava e denunciava che l’ascesa al potere di Berlusconi, avrebbe potuto condurre a un premierato politico assoluto, creato dalla manipolazione dei media, cosa che puntualmente accadde attraverso l’acquisizione del pieno controllo della Rai da parte di Berlusconi (editto bulgaro e cacciata dei giornalisti scomodi), già proprietario di tre reti televisive. In cosa è cambiata la natura del potere di Renzi sui media?

Sostanzialmente egli applica il medesimo schema del suo predecessore e ispiratore ma lo estende e lo esaspera: impone la nomina di un amministratore delegato che risponde al governo e di un direttore fedelmente allineato per realizzare un pieno controllo del mezzo d’informazione pubblico, perfino di quello radiofonico, basta pensare a cosa sta diventando Radio Tre, un tempo campione di autonomia culturale.

Renzi più che Berlusconi ha costruito un sistema di potere che si basa su una fitta rete di alleanze con i poteri più forti, e in più, ciò che al Signore di Arcore è sempre mancato, il controllo pieno e la gestione di un partito politico vero, per quanto declinante, qual è indiscutibilmente il Pd. Egli ha posto le condizioni per un regime personalistico di tipo carismatico che si prepara a ottenere un controllo totale del Paese attraverso le modifiche della Costituzione e della legge elettorale.

Il merito della riforma è noto ai lettori e non vale la pena di ripeterlo qui, ma sostanzialmente con una sola camera elettiva che dà la fiducia al governo, una seconda camera di senatori nominati e a tempo molto parziale, con competenze limitate e confuse, una legge elettorale che concede un abnorme premio di maggioranza, tempi contingentati per approvare le leggi d’interesse del governo, un forte accentramento di competenze a danno delle regioni che vengono radicalmente espropriate delle funzioni legislative principali, il controllo pressoché totale dell’elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici della corte costituzionale, non c’è paragone con il temuto “principato” vagheggiato da Dossetti riferito a Berlusconi che era a confronto ben poca cosa. Qui si crea una repubblica presidenziale mascherata.

I sostenitori del Sì hanno avuto più volte l’arroganza di imputare la paternità della loro pessima proposta ai padri fondatori della Costituzione, alcuni dei quali avendo espresso una preferenze per un sistema monocamerale, sarebbero in sintonia con il progetto boschiano-renziano. Niente di più falso in particolare proprio per Dossetti che fu nella Costituente un protagonista di alcuni dei risultati più importanti per la definizione dell’assetto istituzionale complessivo.

E’ proprio per denunciare questa falsità e ristabilire la verità del coerente collegamento tra la battaglia di Dossetti e le ragioni del No alla proposta di riforma costituzionale che sabato 12 novembre si svolge a Monteveglio in provincia di Bologna, un importante incontro dal titolo Una Costituzione venuta dal futuro sulla figura dell’insigne costituente, con la partecipazione di studiosi, ricercatori e amici autorevoli di Dossetti che ne ricorderanno la figura e l’opera, insieme alla rivendicazione dei valori costituzionali in nome dei quali ci si oppone al progetto di Renzi in difesa della repubblica parlamentare.

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