'ndrangheta

‘Ndrangheta, blitz contro “struttura di vertice”. Politici in manette, ordine d’arresto per senatore Caridi (Gal)

Cinque ordini di custodia nell'inchiesta condotta dalla Procura di Reggio Calabria e dal Ros. Colpiti l’ex deputato del Psdi Paolo Romeo (già in carcere), l’ex consigliere regionale e sottosegretario di centrodestra Alberto Sarra, l’avvocato Giorgio De Stefano e l'ex dipendente della Regione Francesco Chirico. Secondo gli investigatori il gruppo segreto era in grado di impartire direttive strategiche e di interfacciarsi con la politica. L'intercettazione: "3-400mila euro per 9-10mila voti"

Ordine di arresto per associazione mafiosa il senatore di Gal Antonio Caridi e l’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra. È scattata stamattina all’alba l’operazione dei carabinieri del Ros “Mamma santissima” coordinata dal procuratore Federico Cafiero De Raho (nella foto) e dal sostituto della Dda Giuseppe Lombardo. Ordine di custodia per l’ex deputato del Psdi Paolo Romeo (avvocato), già in carcere dal 9 maggio scorso, l’ex consigliere regionale e sottosegretario della Giunta regionale di centrodestra Alberto Sarra, l’avvocato Giorgio De Stefano e l’ex dipendente della Regione Francesco Chirico.

Tutti in carcere tranne, al momento, Antonio Caridi per il quale bisognerà attendere l’autorizzazione del Senato. L’indagine, stando a quanto trapela, ha colpito la struttura segreta di vertice della ‘ndrangheta in grado di dettare le linee strategiche dell’intera organizzazione e di interagire sistematicamente e riservatamente con gli ambienti politici, istituzionali ed imprenditoriali al fine di infiltrarli ed asservirli ai propri interessi criminali.

Al centro dell’inchiesta del pm Lombardo c’è più di qualche tornata elettorale per la quale “la ‘ndrangheta ha svolto un ruolo di primo piano nell’individuazione di propri affiliati da candidare a livello locale e da proiettare nel parlamento nazionale”. Non è un caso che, con i due politici, siano stati destinatari del provvedimento di arresto Paolo Romeo e Giorgio De Stefano ritenute le due teste pensanti della ‘ndrangheta. Nelle intercettazioni (guarda il video qui sotto) si parla fra l’altro di voti comprati: “I cristiani per prendere novemila-diecimila voti impiegano tre-quattrocentomila euro, ma non a chiacchiere, a fatti”, dice uno degli intercettati.

Appena eletto al Senato con la lista del Pdl, Caridi stava per diventare componente della Commissione antimafia su indicazione di Renato Schifani. Il nome di Caridi era comparso già nel 2011 nelle carte della Dda di Genova. All’epoca assessore regionale alle Attività produttive, Caridi era finito nel dossier che l’ex presidente l’allora capo della Dda di Genova Vincenzo Scolastico consegnò all’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia Beppe Pisanu. Un dossier dove c’erano ricostruiti alcuni passaggi che hanno consentito alla ‘ndrangheta di infiltrarsi nel territorio ligure.

“L’indagine – in uno stralcio di quel dossier si faceva riferimento all’appoggio fornito dalle famiglie emigrate in Liguria nella campagna elettorale per le regionali in Calabria – ha consentito di documentare l’alacre attività di sostegno svolta, nell’ultimo voto regionale, da esponenti della cosca, anche con palesi intimidazioni, a favore del candidato Antonio Stefano Caridi”.

Prima ancora che in quelle della Dda di Genova, del senatore Caridi aveva parlato il collaboratore di giustizia Giovanbattista Fracapane, un tempo killer di punta della cosca De Stefano. Una decina di anni anni fa, infatti, il pentito ha riferito ai magistrati di aver sentito spesso il nome del governatore Giuseppe Scopelliti e dell’assessore Antonio Caridi negli ambienti della cosca di Archi. Era il 7 luglio del 2004 quando nel carcere di Rebibbia a Roma, Fracapane riceve la visita dei sostituti procuratori della Dda Santi Cutroneo, Mario Andrigo e dei vicequestori aggiunti della squadra Mobile Renato Panvino e Luigi Silipo. Fracapane ha raccontato molti delitti commessi nella seconda metà degli anni Ottanta su mandato di Orazio De Stefano. Ma non si è limitato al suo ruolo di sicario al servizio del potente casato mafioso di Archi. La gola profonda ha parlato, infatti, di politica e delle amicizie di cui i De Stefano godevano negli ambienti istituzionali reggini.

E quando il pm Cutroneo gli chiese quali fossero “le amicizie nel campo delle istituzioni e della politica”, Fracapane rispose: “Mi ricordo che alle votazioni sapevo sempre che loro al De Stefano (Orazio, ndr) gli interessava sempre che se ne andava Falcomatà (Italo, padre dell’attuale sindaco, ndr)… perché lui magari con la destra aveva una sua amicizia no, che sicuramente qualche lavoro lo prendeva, col pizzo l’ha preso
. Diciamo forse sentivo sempre il nome di Caridi io Caridi diciamo .. consigliere non so… sempre sentivo … il nome di Scopelliti questo..che poi… Si diceva magari la destra sta Alleanza Nazionale queste cose qua sommariamente no specificatamente mi ha detto sapete quello”.

Il nome di Alberto Sarra, invece, era finito nelle carte della Dda di Milano che qualche anno fa indagava sulla famiglia Lampada, collegata alla cosca Condello.

Nel 1995 Sarra era stato denunciato per millantato credito, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, usurpazione di titoli o di onori. Nel 1997 è stato indagato per abuso d’ufficio per poi essere prosciolto nel 2000. Nel 2004 è stato raggiunto da un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa, violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario. Nel 2005 è stato denunciato per corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio nell’inchiesta Poseidone. Negli anni successivi è finito un’altra volta sotto inchiesta per mafia nell’ambito di un’indagine archiviata dall’ex procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone, oggi capo della Procura di Roma.

“Con un simile quadro – avevano scritto i magistrati di Milano – ci si aspetterebbe che nessuno possa neppure pensare di intraprendere o proseguire una carriera nella gestione della cosa pubblica. Evidentemente si tratta di aspettativa ingenua”. Già perché Sarra viene descritto nelle carte dell’inchiesta sui Lampada come un “esponente politico appartenente alla ormai disciolta Alleanza Nazionale, con elevata visibilità a livello locale e che può vantare incarichi ‘utili’ per qualsiasi consorteria mafiosa. Di Sarra abbiamo già sentito parlare nella indagine Caposaldo, quando Paolo Martino (boss detenuto della cosca De Stefano) esprimeva giudizi poco lusinghieri sul personaggio e sui suoi coinvolgimenti con esponenti mafiosi. Sarra ha anche altra particolare caratteristica. All’epoca della consiliatura regionale aveva come capo struttura il commercialista Giovanni Zumbo”.

Quest’ultimo non è altro che la talpa, con il pallino dei Servizi segreti, arrestata nell’operazione “Crimine” perché informava i boss della ‘ndrangheta circa le indagini delle Dda di Reggio e Milano. Nell’inchiesta di Milano, Sarra veniva descritto come il politico calabrese e aspirante deputato che “costituisce uno dei terminali di Lampada”.

A distranza di qualche anno, il sostituto procuratore della Dda Giuseppe Lombardo ha messo in fila tutto e ha ricostruito la componente segreta della ‘ndrangheta che, in mattinata, sarà illustrata nel corso di una conferenza stampa al Comando provinciale.