Basta, non se ne può più. Si dice che, se sbagliare è umano, perseverare sarebbe diabolico. A prima vista non si direbbe che Rosario Priore possieda fattezze luciferine. Eppure l’insistenza di questo magistrato che, da sei anni a questa parte, non perde occasione per ravvivare, a mezzo stampa, il dolore dei familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna, è umanamente incomprensibile.

strage-di-bologna-361x540Nel suo nuovo libro, I segreti di Bologna, infatti, mette apertamente in discussione la sentenza di condanna dei neofascisti romani Mambro, Fioravanti e Luigi Ciavardini per la strage del 2 agosto 1980. Già nel 2011 mi occupai delle infelici esternazioni di Priore. La cosa più curiosa e, a dire il vero, fastidiosa, è che gli evocatori di piste internazionali per Bologna non vengono mai tacciati di “dietrologia“; come accade invece a chi mette in discussione, per esempio, la verità ufficiale sull’omicidio Pasolini o sul caso Moro. E’ bene pertanto ricordare a tutti, come ha giustamente fatto Paolo Bolognesi (che per questo sì è, meritoriamente, battuto più di chiunque altro), che da qualche giorno esiste il reato di depistaggio: la magistratura ora ha l’obbligo di perseguire i diffusori di menzogne. Nel frattempo una stampa libera avrebbe il dovere di aiutare i cittadini a distinguere i fatti accertati dalle opinioni infondate.

Il giudice Priore di fatto ripropone le stesse tesi – ripetutamente vagliate ed archiviate, anche di recente, dalla Magistratura – a lungo propagandate da Gelli, Cossiga, i Nar e i loro amici come il “post-fascista” Enzo RaisiNiente di nuovo sotto il sole. Da 36 anni al depistaggio delle indagini si è affiancato un costante depistaggio dell’opinione pubblica. Un comportamento che, con vergognoso cinismo, sfrutta metodologicamente l’avvicinarsi di ogni 2 agosto, spargendo veleni e offendendo una città che – mentre Mambro e Fioravanti sono liberi da anni, nonostante i loro 15 ergastoli – sta ancora aspettando di conoscere i nomi dei mandanti. Una ingiustizia ad orologeria, che sistematicamente scatta verso la metà di luglio.

La sanzione minima, per quelli come Priore, sarebbe non essere mai più accolti a Bologna. E non comprare i loro libri.

Riceviamo e pubblichiamo la seguente risposta di Valerio Cutorilli, coautore di Rosario Priore del libro ‘I segreti di Bologna’

Egregio Direttore,
ho avuto modo di leggere l’articolo pubblicato sul sito web del Fatto Quotidiano lo scorso 8 luglio avente titolo “strage di Bologna: il giudice Priore e l’ingiustizia a orologeria”. Il magistrato suddetto, oggi in pensione, viene fatto bersaglio di una critica molto dura per aver pubblicato, assieme al sottoscritto, il libro “I segreti di Bologna”.

Per formazione culturale ritengo la critica, anche quella più accesa, una manifestazione sempre legittima del pensiero. A mio sommesso avviso, peraltro, la qualità delle argomentazioni utilizzate nell’articolo è tale da penalizzare il mittente e non il destinatario delle censure.

A turbarmi, piuttosto, è l’esplicita richiesta di “sanzioni” ai danni di Priore. Confesso di non aver compreso le modalità specifiche auspicate per impedire all’anziano e sgradito scrittore l’ingresso a Bologna: un trattamento simile a quello già riservato al professor Angelo Panebianco oppure una misura formale, più conforme forse all’elevato senso di legalità del quotidiano, come il foglio di via?

Qualunque sia l’apprestando strumento sanzionatorio, credo che un magistrato impegnato per tre decenni decenni nella lotta contro il terrorismo avrebbe meritato maggiore rispetto. Per le competenze dimostrate, Priore gode di enorme stima anche all’estero e viene spesso invitato a convegni internazionali sul tema dell’eversione. Non tutti i suoi colleghi, indubbiamente autorevoli, godono di  tale considerazione a livello mondiale. E ciò senza contare il vincolo di parentela del magistrato con una vittima della strage di Bologna. Come noto, infatti, Angelo Priore era un suo cugino non carnale.

Anche l’invito accorato a non leggere il libro mi lascia perplesso perché tende a precludere un’autonoma facoltà di critica ai tanti e autorevoli lettori del Fatto Quotidiano. La lettura, del resto, consentirebbe di apprendere anche le motivazioni che hanno condotto di recente all’archiviazione dell’ultima indagine sulla strage di Bologna. Motivazioni che invero non appaiono molto tranquillizzanti, atteso che è stata dichiarata “la persistente ambiguità di un elemento di fatto, storicamente accertato e non compiutamente giustificato: la presenza a Bologna del terrorista tedesco Thomas Kram, esperto di esplosivi, la mattina del 2 agosto 1980”.

Proprio il suddetto Kram ha di recente sporto querela contro Priore, “reo” d’ipotizzare un nesso relazionale tra il suo arrivo a Bologna e l’esplosione occorsa presso la stazione ferroviaria. Ebbene il Gip del Tribunale di Roma Dott. Balestrieri ha riconosciuto pienamente le ragioni di Priore. Non solo confermando la richiesta di archiviazione del Pm ma attestando altresì che le tesi del magistrato sono formulate “sulla base di una seria e attendibile piattaforma storiografica”.

Dunque consiglierei di rispettare le sentenze ma anche le ordinanze, essendo anche queste ultime emesse nell’esercizio della funzione giurisdizionale. Suggerisco di leggere senza preconcetti “I segreti di Bologna”. Come noto, del resto, la ricostruzione giudiziaria dell’esplosione del 2 agosto 1980 è priva non solo dell’indicazione dei mandanti ma anche, circostanza poco considerata, di un movente. E’ ancora tempo quindi di porsi domande.

Valerio Cutonilli

La risposta di Riccardo Lenzi

La ringrazio per aver ritenuto di replicare a questo articoletto nonostante, come Lei sostiene, il contenuto penalizzi esclusivamente l’autore.

Per brevità, mi limito a farLe notare poche cose.

1) Non è nelle mie facoltà, né nella mia volontà, penalizzare nessuno. Ho espresso solo l’auspicio che la sistematica riproposizione estiva di queste “novità” sul 2 agosto abbia termine. Ad oggi, le interviste, i libri, i convegni e le memorie di Rosario Priore non hanno portato alcun contributo utile a riempire i buchi neri del 2 agosto, men che meno all’individuazione dei mandanti. In compenso hanno portato, involontariamente, ulteriore sofferenza ai familiari delle vittime e ai superstiti. Anche se mi rendo conto che, per amor di verità e di giustizia (sentimento che senz’altro vi ha animati nel redarre il libro in oggetto), questo è un tollerabile effetto collaterale.

2) “Non accogliere” non significa impedire a qualcuno di venire a Bologna. Significa non gradire.

3) “Non comprare” non significa non leggere: Bologna è piena di biblioteche pubbliche.

4) Non facciamo paragoni impropri. Panebianco è stato aggredito e gli è stato, vergognosamente, impedito di parlare e di fare lezione.

5) Lei mi insegna che la storia non si fa con i “se”. Ma forse, se non si fossero persi dieci anni a rincorrere fantomatiche quanto suggestive piste internazionali, la ricerca dei mandanti (che sta proseguendo) si sarebbe conclusa prima del decesso di Licio Gelli.

6) Nessuna delle persone condannate in via definitiva – tantomeno il Suo assistito Luigi Ciavardini – ha mai chiesto la revisione del processo. Istituto sacrosanto in una democrazia. Persino per chi la democrazia ha tentato di distruggerla (anche) con le bombe nelle piazze, nelle banche, sui treni e nelle stazioni. Di fronte ad un marchio così infamante quale essere autori o complici di una strage, nessuno di loro si è avvalso di quel diritto. D’altronde per sollecitare nuove indagini servirebbero prove, indizi, testimonianze. Viceversa scenari e contesti storici, per quanto suggestivi sul piano narrativo, mal si conciliano con le necessità ed i presupposti di un’inchiesta giudiziaria.

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