Bentornati a Ten Talking Points, l’unica rubrica che beve gazzosa con Nardella al Bar di Montione e, quando vede il porro di Andrea Romano, rimpiange Schifani. Altre considerazioni.

1. A fine ottobre, dopo dieci giornate, la Juventus aveva 12 punti ed era 12esima. Tre vittorie, tre pareggi, quattro sconfitte. Molti, quasi tutti, credevano che non avesse più chance. Io compreso. Sconcerti, che come noto non respira ma emette numeri, disse che la Juve era praticamente fuori perché quasi mai in Italia ha vinto una squadra con più di 4 sconfitte (e almeno un’altra si dava per scontata). La Roma era a 11 punti, Napoli, Fiorentina e Inter a 9. Da allora la Juve ha vinto 24 volte (e un pareggio) su 25 incontri. Fenomeni.

2. Nella vittoria contro la Fiorentina c’è tutta la Juve: anche nei giorni di difficoltà, vince. Perché sono i più forti. Perché non hanno un portiere ma la reincarnazione umana di Ed Warner. E perché, quando gli serve, (in Italia) hanno fortuna. Vedi col Napoli al ritorno. Vedi col Milan al ritorno. Vedi domenica. E vedi in semifinale di Coppa Italia con l’Inter. Si dirà: così però il campionato sarà noiosissimo a lungo. Certo: ma mica è colpa loro.

3. Nella sconfitta contro la Juve c’è tutta la Fiorentina. Un parossismo di possesso palla e gioco “bellino”. Petting costante, preliminari come se piovesse. Otto ore e mezzo per trovare lo specchio della porta (e quando lo trovi ti annullano un gol regolare sullo 0-0). Dodici ore per fare un gol. E neanche ottanta secondi per riprenderne un altro. Quindi, quando ti regalano un rigore a tempo scaduto, ovviamente lo sbagli. E sbagli pure il tap-in successivo. La Viola è così: tikitaka senza orgasmo. Non cambia mai. E’ la sua croce, è la sua gioia.

4. Vorrei parlare del Milan, ma ho finito gli insulti.

5. Una cosa però voglio dirla. La cosa più convincente dell’era Brocchi, al momento, è l’haka (con delle comparse) prima di Milan-Carpi: una buffonata siderale, ma il resto è pure peggio. Non mi vergognavo così dai tempi del lampione rotto a Marsiglia: c’mon Silvio, c’mon Galliani.

6. Il Napoli ha perso con la Roma come con la Juve, ed è innegabile che il Che Gue Sarri – per disabitudine alle alte quote – cicchi spesso gli scontri diretti. Soprattutto nel girone di ritorno. Chi però comincia a criticarlo fa un torto a se stesso, oltre che alla realtà. Se il Napoli arriverà secondo, avrà fatto un’impresa. E anche un terzo posto, per quanto doloroso, sarebbe piazzamento notevole: la Juve è di altro pianeta e, come organico, la Roma è superiore. I giallorossi verosimilmente le vinceranno tutte da qui alla fine e a pari merito sarebbero secondi loro. Al Napoli, probabilmente, non basteranno sette punti. Il Commodoro Marxista deve fare pure lui 9 punti: per il secondo posto; per il coronamento di un’impresa; e per convincere Higuain a restare (col terzo posto ne dubito assai).

7. Totti ha la buona sorta dei predestinati e, nell’ultimo mese, è stato sempre decisivo. Ora segnando e ora inventando: i miti, anche al crepuscolo, sono così. Merita il rinnovo, ma merita applausi anche Spalletti: è proprio usandolo così, col contagocce e con gli avversari stanchi, che il Totti 40enne può (eccome) fare ancora la differenza.

8. Nella gestione di Eder, Mancini si sta ispirando al rapporto tra Boschi e Costituzione: il Mancio è Mariaele (cit) e Eder è il Senato. Vamos.

9. Il Leicester ha 7 punti di vantaggio a tre dal termine sugli Spurs: daje. La favola è a un passo. La grandezza dell’impresa di Claudio Ranieri è tale che, domenica, in tanti si sono guardati su Fox Leicester-Swansea. Il commento tecnico era di Fabio Capello e le sue pronunce mi hanno scaldato il cuore: Ugggioa, Marè, Drinkuote, Stanislaski, Sciaicol. Ne avesse beccato uno.

10. Sabato, su Sky, davano la rubrica “I signori del calcio”. Bello. Solo che era dedicata a Felipe Melo. Meno bello, ma li capisco: è come quando tieni una rubrica settimanale sui dischi della vita, e arrivato alla 127esima puntata ti trovi senza più idee e provi a salvarti spacciando Marco Carta per il nuovo Robert Plant. E qualcuno ci crede pure. A lunedì prossimo.

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