Place de la République, a Parigi, come la Puerta del Sol a Madrid nel 2012? Anche in Francia nascendo un movimento di Indignados? Se lo chiedono in tanti nella capitale, anche fra i politici dei partiti tradizionali, a poco più di un anno dalle elezioni presidenziali. Inaspettata, questa forma di protesta in uno dei luoghi simbolo di Parigi, sta salendo progressivamente. Tutto ha avuto inizio giovedì scorso, giorno di manifestazioni contro la legge El Khomri, per la riforma del mercato del lavoro (dal nome di Myriam El Khomri, ministro competente). Questo progetto, che non è ancora stato presentato in Parlamento, è una sorta di Jobs Act “alla francese”, con l’obiettivo di introdurre maggiore flessibilità. In realtà il governo di Manuel Valls ha già ritirato alcune misure comprese nel provvedimento, proprio a causa delle proteste dei sindacati e dei movimenti studenteschi. Ma questi, in gran parte non ancora soddisfatti, chiedono il ritiro puro e semplice del progetto.

Proprio per quello, giovedì scorso, studenti e lavoratori hanno manifestato per le strade della città, per poi ritrovarsi in serata nella place de la République. Lì è nata l’idea di restare sul posto tutta la notte, a discutere e confrontarsi. E si è anche dato un nome all’iniziativa, Nuit Debout: la notte in piedi. Dal giorno dopo si sono montate perfino delle tende. La polizia ha evacuato i manifestanti sia venerdì che sabato mattina, ma, di fronte al numero crescente di partecipanti (e alla simpatia di una parte dell’opinione pubblica), le forze dell’ordine hanno tollerato nei giorni successivi questa manifestazione permanente. Domenica sera, secondo gli organizzatori, erano ormai in 2mila presenti sul posto, mentre iniziative simili stanno nascendo altrove in Francia, in particolare a Strasburgo e a Rennes.

Ma chi sono? È uno strano miscuglio di disoccupati, lavoratori precari e studenti, perlopiù molto giovani, in media 25 anni d’età. Non hanno voluto, per il momento, nominare dei portavoce ed è quindi difficile capire se esiste veramente un messaggio comune. A parte gli slogan contro Valls e Hollande e la legge El Khomri, c’è chi chiede “un salario a vita per tutti”, “la distruzione del sistema capitalistico” e “un lavoro per tutti i disoccupati”. Siamo spesso di fronte alle classiche utopie no global, che comunque stanno interessando un bacino di persone sempre più vasto: più di 80mila seguono in diretta le attività nella piazza mediante l’applicazione Periscope.

Centinaia di manifestanti si stanno radunando anche nella serata di lunedì. Difficile prevederne gli sviluppi. Secondo Gaël Brustier, ricercatore di scienze politiche alla Fondazione Jaurès, che ha trascorso vari giorni tra quei giovani, “non si può paragonare la situazione della Francia di oggi a quella della Spagna nel 2011: i riflessi della crisi economica del 2008 furono molto pesanti allora per il Paese iberico. Oggi le condizioni in Francia sono difficili, ma non a quel livello”. Aggiunge, comunque, che “è sorprendente la volontà di questi giovani a investirsi nel dibattito pubblico. Diciamo che, se vogliono avere una base d’appoggio più vasta, devono uscire da un discorso talvolta troppo militante. Che, comunque, è possibile”. Intanto a preoccuparsi sono i politici tradizionali, che non arrivano a controllare questo movimento spontaneo. Domenica Jean-Christophe Cambadélis, segretario generale del Partito socialista, è andato sul posto per capirci qualcosa. E ha dovuto ammettere poi ai giornalisti che “nessuno mi ha rivolto la parola, perché nessuno mi ha riconosciuto”. La dice lunga sulla distanza tra i partiti di sempre e la popolazione.

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