Samuel Willenberg, ultimo superstite del campo di sterminio di Treblinka, è morto il 20 febbraio a Tel Aviv all’età di 93 anni. Nato in Polonia da padre ebreo e madre cristiana, con l’occupazione tedesca Willenberg fu deportato a 19 anni nel lager, dove vennero sterminati 800mila ebrei, in particolare polacchi e greci, oltre che 2mila zingari. “Per un capriccio del destino – racconta alla stampa locale la figlia Orit Willenberg-Ghilad – fu scelto a far parte di una squadra di ebrei impiegati a selezionare gli abiti delle vittime e a spedire in Germania quanto fosse riutilizzabile. E per undici mesi mio padre visse in quell’inferno. La sua libertà – spiega – fu dovuta ad un altro capriccio del destino: i responsabili tedeschi avevano bisogno di un’armeria ed ordinarono ad un fabbro ebreo di produrre un forte lucchetto. In segreto questi fece però due chiavi: una fu data ai comandanti tedeschi, l’altra passò ad un piccolo gruppo di insorti che di sorpresa aprirono l’armeria e distribuirono fucili agli internati”. E così che nacque la rivolta dell’agosto 1943, nel corso della quale Willenberg riuscì a evadere e fuggire con circa 200 reclusi nelle foreste attorno a Treblinka. Dopo la fuga, Willenberg decise di aderire alla resistenza, entrando a far parte delle forze partigiane polacche e nel 1944 combatté contro i nazisti a Varsavia.

Terminata la Seconda Guerra Mondiale, si trasferì nel 1950 a Tel Aviv dove fu nominato funzionario del giovane Stato israeliano, che aveva ottenuto l’indipendenza da appena due anni. Nel 2002 Willenberg pubblicò un libro dal titolo “Sopravvivere a Treblinka” e un documentario, intitolato “L’ultimo testimone“. Nel testo con le sue memorie su Treblinka, ha raccolto anche testimonianze provenienti da diversi reclusi nel campo di concentramento. Il presidente polacco gli conferì la più alta onorificenza militare. Willenberg inoltre accompagnò ripetutamente a Treblinka delegazioni di adolescenti israeliani per raccontare la strage subita dalla comunità ebraica polacca. La sua documentazione è custodita nel Museo dei Combattenti dei Ghetti presso Naharya, in Galilea.

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