Un’unica misura nazionale di contrasto alla povertà. Ma condizionata alla “adesione a un progetto personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa” e concessa in base a “criteri unificati di valutazione della condizione economica in base all’Isee“, l’indicatore della situazione economica equivalente che il governo lo scorso anno ha riformato rendendolo più restrittivo. E in parallelo dovranno essere razionalizzate, leggi tagliate, le prestazioni di assistenza sociale e pensionistica già esistenti. A prevederlo è la bozza del disegno di legge delega con le misure per la lotta alla povertà, esaminato dal consiglio dei ministri giovedì pomeriggio. Il testo è un collegato alla legge di Stabilità per il 2016, che ha creato un fondo ad hoc da 600 milioni nel 2016 e 1 miliardo nel 2017, e disegna la cornice dentro cui l’esecutivo si muoverà per riformare con i decreti attuativi l’intera materia delle prestazioni assistenziali.

Il testo entrato in consiglio dei ministri chiama innanzitutto il governo a “introdurre principi di universalismo selettivo nell’erogazione di prestazioni di natura assistenziale e pensionistica” e, appunto, una misura nazionale contro la povertà “individuata come livello essenziale delle prestazioni da garantire su tutti il territorio nazionale” e finanziata con le risorse del Fondo previsto dalla manovra. Al tempo stesso però, visto che la coperta è corta, arriverà una revisione al ribasso delle prestazioni attuali, “anche di natura previdenziale, inclusi gli interventi rivolti ai beneficiari residenti all’estero”, come auspicato dal presidente dell’Inps Tito Boeri, “fatta eccezione per le prestazioni legate alla condizione di disabilità e invalidità del beneficiario”. Uno dei decreti legislativi, si legge nella bozza di cui dà conto Public Policy, dovrà anche prevedere “il riordino della normativa in materia di sistema degli investimenti e dei servizi sociali“. Gli eventuali risparmi per le casse dello Stato dovranno andare al Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

Il governo dovrà poi “definire i beneficiari” della nuova misura prevedendo una “graduale estensione a partire prioritariamente dai nuclei familiari con figli minorenni e, quindi, dai soggetti con maggiore difficoltà di inserimento e ricollocazione sul mercato del lavoro”. Ma nella bozza manca il riferimento alla priorità alle famiglie con minori disabili, previsto invece nella legge di Stabilità. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti , in conferenza stampa dopo il cdm, ha detto che la platea sarà di “280mila famiglie e 550mila bambini, in tutto quasi 1 milione 150mila persone”. “Stiamo scrivendo il decreto per l’uso delle risorse e lì diremo quali sono tutti i soggetti interessati, tenendo conto che in questa materia si rispettano norme Ue per evitare discriminazioni e non dobbiamo andare contro norme generali che definiscono la natura degli interventi in ambito comunitario”, ha aggiunto.

La vigilanza e il coordinamento sugli interventi e sul rispetto dei livelli essenziali dei servizi sarà attribuita a un nuovo organismo nazionale presso il ministero del Lavoro, a cui parteciperanno le Regioni, le Province autonome e l’Inps. Uno dei decreti attuativi dovrà poi prevedere la “promozione di accordi territoriali tra i servizi sociali e gli altri enti o organismi competenti per l’inserimento lavorativo, la salute, l’istruzione e la formazione, nonché l’attivazione delle risorse della comunità e, in particolare, delle organizzazioni del terzo settore e del privato sociale impegnate nell’ambito delle politiche sociali, così da realizzare un’offerta integrata di interventi e servizi che costituisce livello essenziale delle prestazioni”.

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