“A che servono 4 miliardi di esseri umani oltre a Woody?” Se lo chiedeva con una certa “serietà” Richard Bucky Fuller nella sua introduzione del celebrato Inside Woody Allen, il “fumettone” con protagonista l’artista nato il 1° dicembre di 80 anni fa nel Bronx. Il più grande umorista del XX secolo, il regista imprescindibile per chi dice di amare il cinema – perché amare il cinema significa amare Woody Allen e viceversa – è arrivato alla soglia degli 80 anni. Cosa poter regalare a un uomo che ha donato all’umanità 45 opere (tra cui alcuni capolavori) in mezzo secolo di carriera che – peraltro – non ha nessuna intenzione di chiudere? Non c’è proporzione di do ut des che tenga.

Il suo 45° film, Irrational Man, uscirà tra due settimane dopo la presentazione lo scorso maggio al Festival di Cannes e la Warner Bros, che lo distribuirà come già fa da tempo immemore, ha deciso di re-distribuire in home video 23 dei suoi film in formato DVD e Blu-Ray. Iniziativa doverosa e ghiotta con il Natale alle porte. Woody ci avrà scherzato su, lui ebreo idiosincratico con gli ebrei e prima fra tutti con se stesso che ricordiamo aver dichiarato “il mio unico rimpianto nella vita è di non essere stato un altro”.

Una tra le tante per arguzia, ironia, sarcasmo e acume, scegliere nell’oceano sterminato delle citazioni di Woody Allen è un’impresa da archivista esperto, perché ogni suo film, piéce teatrale, sketch tv, libri o comic strip ne contiene una flora di inesauribile vitalità. Se è vero che un grande regista fa sempre lo stesso film, Allen è un gigante per le sconfinate variazioni sui medesimi temi (leggi: ossessioni) che ripropone a se stesso e al suo pubblico senza mai apparire desueto, nonostante qualche personalissimo scivolone. L’inadeguatezza, il narcisismo, la depressione, la psicanalisi e la psichiatria (e relative terapie), il senso di colpa, il jazz, il sesso e naturalmente il rapporto con le donne e per estensione con il genere umano, il tutto mescolato negli incroci della sua Manhattan sempre uguale a se stessa anche quando si chiama Venezia, Roma, Parigi o Londra.

La grande commedia/tragedia della vita e del suo non-senso accompagnata al dolce suono del suo clarinetto è “il” genere cinematografico di Woody. Da Che fai, rubi? del 1966 all’imminente Irrational Man sono passati 50 anni, 25 nomination agli Oscar di cui 4 trasformate in statuette (regia e sceneggiatura per Io e Annie nel 1978, sceneggiatura per Hannah e le sue sorelle nel 1986 e Midnight in Paris nel 2011), diverse relazioni burrascose con “muse” tanto diverse tra loro, da Diane Keaton a Mia Farrow fino alla di lei figlia Soon-Yi Farrow Previn.

Minuscolo di statura e corporatura, il volto triangolare con gli immancabili occhiali a montatura nera, la voce inconfondibile, Woody Allen ha siglato da sceneggiatore, regista e spesso attore pietre miliari del cinema americano e mondiale che sembrano appartenere a ciascuno come un piccolo grande patrimonio (famigliare) di cui andare fieri: Il dormiglione (1973), Io e Annie (1978), Manhattan (1979), Zelig (1983), La rosa purpurea del Cairo (1985), Hannah e le sue sorelle (1986), Crimini e misfatti (1989), Mariti e mogli (1992), Misterioso omicidio a Manhattan (1993), Pallottole su Broadway (1994), Harry a pezzi (1997), Match Point (2005), Vicky Cristina Barcelona (2008), Midnight in Paris (2011), Blue Jasmine (2013) e ora Irrational Man con un Joaquim Phoenix alla sua prima volta con Woody. Titoli scelti in ordine cronologico a costituire una costellazione vibrante e unica. “Non è che io abbia paura di morire, è solo che non voglio esserci quando succederà”: l’importante è che avvenga il più tardi possibile. Per ora, Woody, buon compleanno.

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