Entro il 2020, in Cina, 50mila villaggi in più saranno connessi alla banda larga con il conseguente miglioramento dei servizi per 30 milioni di famiglie contadine. Per quell’epoca il 98% del territorio sarà connesso alla rete. Un investimento da 19 miliardi di euro che scommette sull’e-commerce per riscattare l’economia impoverita delle campagne e, soprattutto, la sua popolazione che è stimata tra i 600 e gli 800 milioni.

Le campagne cinesi si stanno spopolando e quello che non è monocultura intensiva soffre per insufficienti canali di distribuzione e mancanza di forza lavoro e di investimenti. Si tratta di uno squilibrio economico pesante per un paese che punta a divenire la prima economia mondiale. Nel 2014 il reddito medio nelle campagne è stato di meno di 1.500 euro all’anno, nemmeno la metà di quello delle aree urbane. Ma sono in molti a credere che sarà internet a rivoluzionarne il tessuto economico. Alla fine di giugno erano online 668 milioni di cinesi, quasi la metà della popolazione. Il volume di affari trainato dall’e-commerce quest’anno ha superato i 2mila miliardi di euro. Rispetto all’anno scorso è raddoppiato. Ma alla fine del 2014 appena il 30% della popolazione rurale era online.

Un rapporto stilato l’anno scorso dal gruppo di ricerca di Alibaba, l’azienda leader dell’e-commerce cinese, ha stimato che la crescita del commercio online nelle campagne cinese passerà dai 24 miliardi di euro del 2014 a oltre 63 miliardi in appena due anni. Lo stesso rapporto evidenziava come il traffico delle compravendite sui suoi server stesse gradualmente coinvolgendo sempre più le aree dell’entroterra, tradizionalmente legate a un’economia più povera. In qualche misura in Cina l’e-commerce conquista facilmente consenso. Seppure la percentuale di internauti nelle campagne è bassa, quasi due terzi di loro compra online. Una percentuale molto simile a quelle delle grandi metropoli e delle ricche città costiere. Le attività commerciali aperte online hanno già creato più di 280mila posti di lavoro nelle aree rurali.

Le sterminate campagne cinesi offrono quindi un potenziale mercato di oltre 600 milioni di persone ma le sfide sono tantissime: la rete non copre tutte le aree della Cina e in campagna spesso l’educazione alla tecnologia è molto bassa. Per questo a ottobre scorso Alibaba aveva annunciato un investimento di 1,3 miliardi di euro nelle aree rurali. Aveva capito che per conquistare le campagne servivano infrastrutture e formazione. L’idea era talmente buona che dopo soli due mesi il suo principale competitor, Jd.com, ha annunciato un programma di microcredito che finanziava chi voleva aprire un negozio online rimanendo in campagna. A un anno di distanza anche il governo si è convinto che questa è la strada da percorrere.

Le micro aziende che possono essere aperte in campagna rientrano alla perfezione nei piani del governo. Zhongnanhai, il Cremlino cinese, vuole che i consumi aumentino fino a rappresentare una percentuale importante del Pil del paese. Oggi nella seconda economia mondiale, rappresentano appena il 30%. Negli Stati Uniti sono al 70%. Un gap che la Cina vuole colmare velocemente. Per questo, stando ai proclami governativi riportati dalle agenzie di stampa, il governo “aiuterà i lavoratori migranti, i laureati e i veterani dell’esercito che vorranno tornare nei loro villaggi natali per avviare un’attività economica”.

Il premier Li Keqiang ha annunciato che per il 2020 vuole sollevare dalla povertà i 70 milioni di cinesi che ancora vivono nelle aree più sperdute del paese con meno di 350 euro l’anno. Per quella data altri 50mila villaggi saranno connessi alla banda larga e la rete coprirà il 98% del territorio cinese. Un investimento che mira a ridurre le diseguaglianze sociali e di reddito che con il rallentamento della crescita rischiano di mettere a dura prova la famosa “stabilità” cinese.

di Cecilia Attanasio Ghezzi

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