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“La favola che non conoscevi”: il festival sulle fiabe di mamme e papà da tutto il mondo

Andrea Satta, voce dei Têtes de Bois e medico, invita le sue pazienti straniere nel suo studio insieme ai figli per fare loro raccontare storie e fiabe con cui si addormentavano da piccole. Un'idea che è diventata una kermesse

di Maurizio Di Fazio

A Mori, in provincia di Trento, da venerdì 9 ottobre a domenica 11 si torna indietro nel tempo con un festival unico nel suo genere al mondo. Per ridare spazio al “bambino” che pulsa dentro ognuno di noi. Per proporre un ecosistema di socialità che poggi su sensazioni universali, e su un autentico melting pot. “Ci sarà una volta – la favola che non conoscevi” è il titolo della kermesse, ideata da Andrea Satta, voce dei Têtes de Bois. Tre giorni di “agguati artistici, divulgazioni scientifiche, circo contemporaneo, teatro per ragazzi e soprattutto favole e mamme dall’ambulatorio alla piazza, ad ascoltare la fiaba che non conosci”.

Perché Satta di professione fa il pediatra, e nel suo ambulatorio assiste numerose mamme straniere. Sotto il segno dell’inclusività emotiva ancor prima che sociale ha dato forma a un’idea: una volta al mese, le ha invitate nel suo studio insieme ai figli e non in qualità di pazienti, ma per fare loro raccontare storie e fiabe con cui si addormentavano da piccole, “sotto altri cieli, lontani nello spazio e nel tempo”.

Da quell’esperienza, che dura da sei anni, è nata una piccola comunità, poi un libro, e infine il festival, a cui partecipano decine di madri e artisti da tutto il mondo. Tra gli ospiti della tre giorni in Trentino, ci sono – tra gli altri – NadaVauro, la compagnia circense “El Grito!”, Paolo Hendel, i Têtes de Bois, l’ex recordman di ciclismo Francesco Moser, Massimo Bray (direttore editoriale della Treccani), il disegnatore Sergio Staino ed Enrico De Angelis, direttore artistico del Premio Tenco. “L’immigrazione è una realtà. Non è cosa degli ultimi decenni, non è solo un ‘problema’ tra il ricco occidente e i defenestrati del resto del mondo. E’ qualcosa che affonda le radici nella natura stessa dell’uomo – si legge nel manifesto di presentazione -. Abbandonare la propria terra significa anche impacchettare ricordi, tradizioni, identità, nella sottilissima speranza che tutto ciò possa essere riportato alla luce, possa respirare nuovamente”.

Al centro del programma ci saranno le favole. “Agli stranieri, se non li si ignora, al massimo si chiede di far conoscere la pagina del dolore: quella dell’amore e della tenerezza, raramente – spiega Andrea Satta -. L’immigrazione è un fenomeno epocale, inevitabile, inarrestabile. C’è da costruire un mondo delle ‘cose messe in comune’. Le storie, le origini, i saperi, il consumo di suolo, le piante, quello che basta, l’energia, quella che è necessaria. Di tutti questi valori può essere testimone un pediatra”.

“Ci sarà una volta” parte venerdì alle 16.30, con l’arrivo alla stazione di Mori delle mamme e dei papà: ad attenderli, sulla banchina, ci sarà la banda comunale. Subito dopo cominceranno gli incontri, i laboratori di costruzione di burattini, gli spettacoli, le maratone/disfide di favole. “Voglio una favola, una favola vera. Ma cos’è una favola vera?”, ha scritto Staino sulla pagina Facebook del festival -. Mi torna in mente Bennato: una favola è un gioco che si fa con la vita ed è vera soltanto a metà. Forse noi adulti vediamo solo questa metà, mentre i bimbi vedono anche l’altra. Chissà, forse lo sapremo a Mori“.

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