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Happy Birthday libera da copyright: “E’ di dominio pubblico”. E Warner perde milioni di royalties

La decisione di un giudice della corte di Los Angeles. Composta da due sorelle e maestre d’asilo del Kentucky nel 1893, la società ne comprò i diritti nel 1988. E da allora registi, programmatori di suonerie, catene di ristoranti e anche Girl Scouts dovevano pagare per utilizzarla

di F. Q.

La Warner Chappell Music non incasserà più i 2 milioni di dollari di royalties annuali di Happy Birthday, perché la casa discografica non “possiede un copyright valido” sulla melodia, che è di dominio pubblico. A stabilirlo è stato George King, giudice della corte federale di Los Angeles, che ha liberato così la canzoncina più celebre al mondo dal diritto d’autore.

Tradotta in decine di lingue in tutto il mondo, dall’inglese al francese, dal tedesco al finlandese, arabo e giapponese, fino all’immaginaria lingua Klingon di Star Trek, Happy Birthday è stata composta da due sorelle e maestre d’asilo del Kentucky nel 1893, Mildred e Patty Hill, come uno strumento didattico sperimentale. Nella versione originale era infatti una semplice filastrocca intitolata ‘Good Morning to All’ che i bambini potevano memorizzare e ripetere all’inizio di ogni giorno di scuola.

Il copyright fu registrato dalla Clayton F. Summy Co nel 1935 e la Warner ne acquistò i diritti nel 1988 quando comprò la società. Da allora a registi, programmatori di suonerie, catene di ristoranti e anche alle Girl Scouts è stato chiesto di pagare per utilizzarla: in caso contrario, è prevista una multa di 150mila dollari. Un business stato intorno ai 2 milioni all’anno, che la rende una delle canzoni più redditizie mai pubblicata.

Ora però il giudice King, in seguito ad una causa intentata due anni fa da un musicista ed un produttore che intendono girare un documentario sulla canzone, ha stabilito che Happy Birthday è di dominio pubblico perché il copyright registrato dalla Clayton nel 1935 garantisce i diritti solo per alcuni tipi di arrangiamento, ma non della canzone in sé stessa. Poiché Summy Co. non ha acquistato i diritti del testo – scrive il giudice – neanche la Warner Chappell Music come suo successore li possiede.

I grandi vincitori della sentenza sono gli studi cinematografici e i registi di Hollywood, che fino a questo momento avevano evitato di eseguire il brano per motivi di bilancio o semplicemente per evitare una battaglia legale. Pubblicamente, almeno, la Warner/Chappell non ha mai chiesto commissioni ai privati cittadini che ogni giorno nel mondo la cantano in occasione dei compleanni.

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