“Io non ce l’ho con i gay, ho tanti amici omosessuali”. La frase, che ascoltiamo o leggiamo con frequenza se non surrettiziamente omofobica (nonché autoassolutoria) è quantomeno stupida. Mai sentito un gay dire “Ho tanti amici eterosessuali…”
Normalmente poi al concetto segue un “ma” che ne rovescia sistematicamente e intenzionalmente il significato. Come quando il ministro Angelino Alfano, per contestare il mutuo per le coppie dello stesso sesso approvato dal presidente siciliano Rosario Crocetta, affermava: “Io non sono omofobo, ho molti amici gay, ma le risorse non possono che essere destinate alle famiglie normali e ai giovani che cercano lavoro”.
In quel “ma” e in quel “famiglie normali” c’è il condensato dell’odierna omofobia. Che condanna solennemente gli atti di violenza e le aggressioni verbali ma che poi, di fatto, considera le vittime degli anormali e nega loro il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali.
In queste ore si moltiplicano le frasi sdegnate di tanti esponenti politici per la scritta “frocio” sul manifesto del cantante Mika (e bene ha fatto l’artista anglo-libanese, per rompere il silenzio, a trasformarla nell’immagine di copertina del suo profilo Twitter). Ma da domani cosa cambierà?
L’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo perché non riconoscendo le unioni tra coppie dello stesso sesso ne sta violando i diritti. E mentre 22 Stati europei prevedono, attraverso leggi o norme, il reato di discriminazione basato sull’orientamento sessuale in Italia la proposta di legge sull’omofobia è ferma al Senato da due anni .
Perché abbiamo tanti amici gay ma prima veniamo noi “normali”.
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