“Ci piace che Thor sia una sorta di fantasy con elementi fantascientifici e I Guardiani della Galassia un film di fantascienza/avventura, mentre la saga di Iron Man possiede alcune caratteristiche del techno thriller. Capitain America: The Winter Soldier è un thriller politico in stile anni ’70 e Ant-Man è un film incentrato sul colpo grosso”. Kevin Feige, presidente Marvel, ha sintetizzato così l’universo digitale che stanno costruendo da qualche lustro. L’ultimo arrivato è un supereroe minore, edito su carta nel ’62, sul quale è stata riscritta una prima sceneggiatura da Edgar Wright, il regista che uscì dal progetto un anno fa perché non voleva che il suo Ant-Man si legasse ai continui crossover dettati dalla major. Morto un papa se ne fa un altro, così a ritoccare lo script per aprirlo in futuro a nuovi intrecci ci ha pensato, tra gli altri, proprio il protagonista Paul Rudd, mentre la regia è spettata a Peyton Reed, apprezzato in patria per commedie come Yes Man e Abbasso l’amore.

Michael Douglas veste i panni di Hank Pym, vecchio saggio che passa la tuta del testimone a Scott Lang, un ladro con avanzata formazione tecnologica appena uscito di galera. La moglie adesso ha un altro, ma sua figlia continua a stravedere per lui come fosse un eroe. Sarà sufficiente rimpicciolire per recuperare gli affetti ormai distanti? Reed schiaccia l’acceleratore su due emozioni: l’amore familiare e la commedia. Le relazioni in ballo tra padre e figlia non sono soltanto quelle tra Scott e la bambina, ma anche tra lo stesso Pym e sua figlia: una Evangeline Lilly più tosta del previsto. Nella commedia uno come Rudd ci sguazza dai tempi di Anchorman, così l’autoironia sul rimpicciolire supera anche quella oramai d’archivio di Spider-Man. Ma il meglio lo offre grazie agli amici ladruncoli, che come tre marmittoni, capitanati da Michael Peña, lo affiancheranno a suon di sketch nel colpo più difficile. La redenzione di un criminale passa da grandi gesta. E quest’ultimo ingrediente, irrinunciabile per ogni Marvel che si rispetti, entra in gioco su set d’effetti speciali che giocano tra le dimensioni. Tra grande e piccolo, anzi minuscolo. Ovvero tra quella 1:1 e quelle miniaturizzate dove anche una vasca da bagno può diventare un ruvido deserto bianco investito da una valanga d’acqua scatenata dal rubinetto. “Uomo-Formica” non è neanche un nome casuale, vista la sudditanza che imporrà alle varie razze d’insetto presentategli dal mentore Pym. “Fantasia al potere” qui non è un motto ma la normalità, vista anche la distribuzione della Disney.

Il neo ha invece le sembianze di un cattivo più capriccioso che minaccioso. La scrittura di questo ex-pupillo miliardario di Pym è avara, così l’interpretazione di Corey Stoll risulta scialba e senza appigli che ne spieghino coerentemente le scelte. Ne viene fuori una specie di patetico Lex Luthor dell’ultimo minuto. Peccato. Se il villain fosse stato sceneggiato con più peso e qualità le tensioni drammatiche avrebbero potuto elevare il film a qualcosa d’indimenticabile, ma le stampelle sentimentali di Peyton Reed tengono botta, e la nave è salva. In giro per il mondo ha già incassato 290 milioni di dollari, e in Italia sono 575 le sale prenotate per proiettarlo, in 3D e non. Per gli argomenti affrontati, i toni morbidi e la giocosità innocua della linea comedy, forse si presta ad un pubblico di giovanissimi più dei suoi predecessori in costumone. Un accorgimento per gli spettatori: portate pazienza durante i lunghi titoli di coda. Alla fine vedrete un’altra scena di chiusura in stile Marvel.

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