Bambino Pinocchio: una sigla dei cartoni animati in top ten

“Tante volte penso che il motivo per cui così tanta gente mi segue, mi è affezionata, non è solo legato al fatto che io abbia cantato sigle di cartoni che li riportano all’infanzia, momento magari felice della loro vita. Ma penso che ai miei concerti ci venga un pubblico così variegato, dai nonni coi nipoti ai punkabbestia con la bottiglia di birra in mano, è che perché io incarno agli occhi di tutti quelli che ci sono stati da allora, un periodo diverso del nostro paese, la mia è una storia edificante per tutti.” La parola edificante, lo confesso, è mia. Ma il concetto è quello. Cristina è molto modesta, oltre che solare, ma la sua è veramente una storia edificante, di chi è entrata in un progetto e ha deciso di aderirvi anima e corpo, e voce.  “Comunque, dopo quella prima sigla, alle cui selezioni mi accompagnò mio padre, arrabbiatissimo perché io, a sedici anni, secondo lui dovevo giustamente pensare a studiare al classico, sono seguite altre sigle. Tutte col maestro Augusto Martelli. La prima, Bambino Pinocchio, entrò addirittura in top ten, una vera hit, fatto impensabile per la sigla di un cartone animato, così Fininvest decise di andare avanti e io pure. Dopo sette o otto sigle mi hanno proposto un contratto, che a ben vedere è ancora in essere. Chiaramente è cambiato il nome dell’etichetta, che allora era Five Records e oggi RTI, ma sempre lì sono.”
Credo che forse giusto Mina con la PDU abbia un contratto più longevo, e considerando che la PDU è la sua etichetta, direi che non fa testo. Un altro record della nostra. “Da lì in poi ho perso il conto di quante sigle ho cantato. Delle raccolte tematiche. Della televisione. Dei concerti”