E così è ufficiale: Roma si candida ad ospitare le Olimpiadi del 2024. Ancora un grande evento su cui puntare, dopo le Olimpiadi invernali di Torino 2006 e l’Expo di Milano 2015. Il gigantismo è una bestia dura a morire. Giustificata sempre nello stesso modo: “La manifestazione costituirà un incredibile volano, si potranno realizzare opere utili, si darà una spinta all’economia” ed altre frasi fatte. Gli antichi greci le avrebbero chiamate “linguaggio formulare”.

La realtà è che le grandi manifestazioni sono quasi sempre un flop per l’economia. Per la città che le ospita se non addirittura per l’intero paese. Esemplare – come ben noto – la Grecia. La manifestazione del 2004 costò oltre 10 miliardi di euro, quasi il 4% dell’intero reddito nazionale. In effetti i costi finali lievitarono fino al doppio di quanto era stato preventivato. Il deficit 2004 si impennò fino al 6,1%, il doppio del limite imposto dall’Europa e il debito raggiunse il 110,6%, all’epoca il record per la zona euro. Se oggi l’economia greca è quello che è, si deve anche ringraziare quelle disgraziate olimpiadi.

Dopo Atene, Pechino, per le Olimpiadi del 2008, Pechino spese l’astronomica cifra di 40 miliardi di dollari. Che starebbe tuttora pagando. E veniamo a Londra 2012. Nel 2005, quando Londra si era fatta avanti proponendosi come sede per il 2012, i costi erano stimati a 2,37 miliardi di sterline, considerando che Londra, a differenza di Pechino era già ampiamente strutturata. Già nel 2007 la prima revisione dettagliata dei costi aveva raggiunto i 9,3 miliardi di sterline, o 14 miliardi di dollari, in seguito all’aumento delle spese sia per la costruzione delle infrastrutture sia di sicurezza. Quale sia stato il costo finale oggi è arduo saperlo, ma diverse analisi hanno portato il costo complessivo fino a oltre 20 miliardi.

Del resto, forse non è un caso che nel 2012 il governo Monti si dichiarò contrario alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020 (se le aggiudicò Tokyo), tenendo presente proprio i costi di Pechino e Londra, ed ebbe ad affermare: “Non pensiamo sarebbe coerente impegnare l’Italia in quest’avventura che potrebbe mettere a rischio i denari dei contribuenti”. Ma ecco che a Monti succedono Letta e Renzi, per i quali invece occorre candidarsi. Sarei curioso di sapere cosa gli ha fatto cambiare idea…

Ma se dal punto di vista economico le Olimpiadi sono un bell’azzardo – ad usare un eufemismo – dal punto di vista ambientale ed urbanistico sono un danno certo.

Torino 2006, sempre Olimpiadi sono, anche se invernali. L’eredità olimpica – oltre al debito pubblico, anche qui – sono impianti in montagna non utilizzati, in particolare i trampolini a Pragelato, costati 34 milioni di euro e la pista di bob a Cesana, costata 61 milioni di euro; abitazioni fatiscenti (palazzine dell’ex Moi); strutture snaturate (il Palazzo a Vela di Nervi); palazzi per i quali ci si inventa che cosa farne (Palalpitour).

Del resto, il re è nudo. Le Olimpiadi non sono fatte per far gareggiare in armonia atleti che provengono da ogni angolo della terra. Fosse così, le si organizzerebbe sempre in una stessa località che fosse adeguatamente attrezzata per ospitarle. Chessò, Innsbruck per quelle invernali e Londra per quelle estive? Sono fatte solo per far girare denaro. E tralasciamo la corruzione…Con buona pace delle tasche dei contribuenti e dell’ambiente.

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