Tutti in piazza perché, come diceva Aristofane, nessun uomo libero può starsene a dormire. Parallelamente alle estenuanti trattative tra Grecia e creditori internazionali, al centro dell’Egeo e in contemporanea in molte capitali europee toccate dalla Settimana Europea di Solidarietà al popolo greco, si è destata dal torpore la vera regina universale di città e comunità: la piazza. Quell’agorà dove i cittadini, depauperati da voti popolari sempre più irrilevanti e stizziti da una cessione di sovranità imposta silenziosamente dall’alto, possono finalmente tornare ad esprimersi liberamente e senza filtri.

Ha scritto il poeta e drammaturgo indiano Rabindranath Tagore che “non puoi attraversare il mare semplicemente stando fermo e fissando le onde”. Perché non si raggiungerebbero terre lontane rifugiandosi sul bagnasciuga, non vi sarebbe la svolta auspicata rimanendo ognuno nelle proprie pigre abitazioni in attesa di un alito di vento deciso in altre stanze. E allora in questi giorni è stato bello rivedere in piazza Syntagma ad Atene i manifestanti anti austerità e 24 ore dopo quelli pro Europa, anche se non tutti i media europei hanno dato la medesima rilevanza alle due posizioni. Giornalismo è prima di tutto informarsi, poi informare così da consentire ai fruitori di formarsi una personale opinione. Ma purtroppo non sempre è stato così in questi quattro anni di eurocrisi ellenica.

Paradossale che, proprio quando un accordo sembra essere ormai prossimo fra Tsipras e la Troika, ecco rinascere movimenti, gruppi di cittadini non passivi, manifestanti, attivisti, semplici amici che si ritrovano in quella piazza ateniese che, in passato, ha visto tanti forse troppi episodi di violenza, di prevaricazione, di malapolitica. Era il novembre del 2012 quando con i miei occhi vidi il celebre compositore Mikis Teodorakis – poi colpito da lacrimogeni della polizia – presente al lancio di vasetti di yogurt contro il Parlamento greco, all’interno del quale i deputati stavano votando il memorandum della Troika (un tomo di 400 pagine) ricevuto in visione solo pochi istanti prima: per la cronaca, contro votarono Syriza, Alba dorata e due conservatori poi espulsi.

Per questo l’agorà è ancora unica, imbattibile e inimitabile. Perché è straordinariamente pura, perché non è controllabile, non c’è politica o ministro che tenga: è ancora l’unico vero baluardo di libertà che ci è rimasto perché rappresenta quell’incontro ideale di carni e menti, dove pulsa il cuore di un Paese, che è altro rispetto ai numeri ed agli umori del Palazzo. Perché racchiude il nucleo originario di una forza centrifuga millenaria, come prescriveva il filosofo norvegese Jobtein Gaarder, “non devi mai piegarti davanti ad una risposta. Una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle spalle. Solo una domanda può puntare oltre”.

E allora chiediamoci quali conseguenze ci saranno quando il 26 giugno al vertice Ue si discuterà del progetto franco tedesco di trasferire completamente la politica economica dai singoli Stati a Commissione, Consiglio e Parlamento europeo. Sovranità (e agorà) addio o nuova unione?

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