Anche quest’anno i veneziani potranno gioiere alla “Happy summer 2015” e prendere il sole in una delle tre spiagge della Venezia Spiagge Spa, società partecipata dal comune di Venezia dove cabina e ombrellone in alta stagione sfiorano i 40 euro. Gli amanti della montagna invece, senza arrivare sulle Alpi, potranno usufruire degli impianti di risalita di Campitello Matese gestiti da Funivie del Molise, proprietà al 100% di una partecipata della Regione che nel 2014 ha avuto problemi a pagare gli stipendi dei suoi quattro dipendenti a tempo indeterminato e dei venti stagionali. Dal mare alla montagna, dall’enogastronomia ai servizi finanziari, con il  suo articolato sistema di partecipazioni la longa manus statale è arrivata dappertutto. Moltiplicando poltrone e incarichi ma con risultati  troppe volte disastrosi.

GIUNGLA SELVAGGIA Quale azienda di trasporto pubblico potrebbe spendere 22 milioni di euro per 100 autobus elettrici a 8 posti? L’Atac, azienda del Comune di Roma, guidato da Ignazio Marino (nella foto). La sezione regionale della Corte dei Conti qualche settimana fa ha aperto un fascicolo sulle spese della società di trasporto pubblico romana. E quale imprenditore potrebbe permettersi dopo tre bilanci in negativo di poter continuare le proprie attività? Lo Stato, appunto. Eppure, nonostante la costante iniezione di denaro pubblico, una partecipata su tre è in perdita. A certificarlo è l’Istat, che chiamato anche a dare un proprio parere sul Documento di economia e finanza (Def) ha ricordato che le partecipate rappresentano ancora un buco nero, nonostante le esortazioni del governo a razionalizzare. “Guardando direttamente al saldo tra perdite e utili il settore che contribuisce in maniera maggiore al saldo negativo è quello dei trasporti (-185 milioni)”, ha spiegato il presidente dell’istituto di statistica, Giorgio Alleva. Il ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), nel “Rapporto sulle partecipazioni 2012” presentato l’anno scorso, ha censito 8.146 società e  individuato ben 36.125 partecipazioni da parte delle Amministrazioni pubbliche che danno lavoro a circa 970 mila addetti. L’ex Commissario alla Spesa Pubblica, Carlo Cottarelli, prima di tornare al Fondo monetario internazionale, aveva definito quella delle partecipate “una giungla” con  perdite censite dal Mef per oltre un miliardo. Anche se non sempre si tratta di sprechi. Anzi. Eni, Anas, Acea, Inps, Rai, Trenitalia, Finmeccanica rappresentano sigle importanti dell’economia italiana e, nel panorama internazionale, realtà rilevanti, pure se spesso lambite da inchieste della magistratura e scandali nelle loro gestioni non sempre trasparenti.

GOVERNO PREOCCUPATO  Ad impensierire l’esecutivo è soprattutto il costo complessivo di questa costellazione di società, molto spesso in perdita. Anche per questo, nella legge di stabilità, il governo ha imposto agli enti locali di mettere ordine e avviare la liquidazione di quelle società che non svolgono “servizi essenziali”. Nei portafogli degli enti locali infatti c’è un po’ di tutto. Si va dai servizi pubblici classici come acqua, luce, gas, trasporti e rifiuti (che rappresentano solo il 20 per cento della torta), ad una galassia di partecipazioni che in molti casi non superano il 10 per cento e che contemplano spiagge, impianti di risalita, stabilimenti termali, cantine sociali, casinò, alberghi, centri di consulenza, farmacie. Attività non strategiche e caratterizzate da risultati non proprio esaltanti.

ZUCCHERO AMARO  L’ultimo bilancio delle spiagge veneziane si è chiuso in attivo per 370mila euro, ma il collegio dei revisori ha avvertito: “Il futuro è nero a causa della stagnazione”. Non va altrettanto bene alla Palombina Srl, partecipata al 51,2% dal comune di Ancona per la gestione delle spiagge di Palombina e Torrette, che è oggi in liquidazione dopo anni di perdite. Passeggiando al centro di Roma, a pochi passi da piazza di Spagna, c’è L’Enoteca Laziale, un angolo nato per far conoscere le prelibatezze della regione a turisti e romani. Salvo poi scoprire che a beneficiarne sono stati soprattutto centinaia di consiglieri regionali che hanno mangiato a sbafo lasciando da pagare un conto da 1,6 milioni di euro. Sorte simile è toccata all’enoteca del Comune di Alba (Cn) che ha chiuso il 2011 con 55 mila euro di rosso e il 2013 con appena 14 mila euro di utili. A dieci chilometri da Vicenza all’interno di una villa antica sorge un hotel a tre stelle, il College Valmarana Morosini, che “offre ai propri ospiti un ambiente unico e di assoluta particolarità”. Partecipato dalla Regione Veneto per il 18 per cento, ha chiuso il 2013 con un buco di 1,7 milioni di euro e anche i due bilanci precedenti con il segno meno. C’è invece chi pensa che cedere le proprie quote al mercato ora sia una scelta antieconomica. Il Casinò di Venezia con il suo buco da 56 milioni di euro è diventato oggetto di campagna elettorale tra chi vorrebbe dismetterlo e chi punta al rilancio. Non ci sono acquirenti invece per lo Zuccherificio del Molise, nato nel 1968 per volontà dell’allora ministro dell’Agricoltura, Giacomo Sedati, e oggi arrivato alla quinta asta andata deserta. Ma per mantenere gli impegni comunitari anche quest’anno si procederà alla campagna bieticolo saccarifica, così da mantenere i livelli occupazionali e prendere tempo in attesa che qualche compratore si faccia avanti.

FARMACIE IN PERDITA Non c’è medicina invece per le 43 farmacie di Roma che sono arrivate a perdere 500mila euro al mese. Appartengono tutte al Comune che poche settimane fa, in una delibera mirata a riordinare le partecipate, ha deciso la liquidazione tramite trasformazione in spa di Farmacap, con la nomina di un commissario liquidatore entro il 31 maggio. Obiettivo: lasciarsi alle spalle quell’orribile 2012 quando il bilancio si è chiuso con 4,7 milioni di euro di perdite. Non godono di buona salute neppure le farmacie de L’Aquila che nel 2013 hanno perso 236 mila euro. Mentre il comune di Cesena, a metà marzo 2015, ha deciso di chiudere la sua partecipazione nelle farmacie comunali. Nella lista delle stramberie troviamo anche il Campo da Golf  “La vecchia Pievaccia” di Monsummano Terme (Pistoia) dove la Regione Toscana ha perso nel 2011 181.131 euro pur partecipando al capitale con un esiguo 0,13 per cento. Oggi è avviata la dismissione della partecipazione. In tutto, la Regione Toscana possiede 146,3 milioni di euro in partecipazioni: “La parte più consistente riguarda il settore finanziario e creditizio con 65 milioni. Seguono il sistema fieristico (34,7 milioni ), le terme (27 milioni) e le infrastrutture (12 milioni)”. Ma poi vanno aggiunti 2,3 milioni di euro investiti in consorzi locali per la promozione dei prodotti che vanno dal Morellino di Scansano al caseificio di Sorano. Il Comune di Perugia, invece, partecipa all’Università dei Sapori, una scuola per chef che organizza anche corsi di un weekend per appassionati di fornelli. Regione Piemonte, Comune di Torino, e altri comuni piemontesi partecipano tutti alla Pracatinat scpa, una società che gestisce un albergo in alta quota destinato alla formazione delle giovani generazioni alla montagna e all’ambiente che ha chiuso il bilancio 2013 con una perdita di 360 mila euro. E si tratta persino di una notizia positiva, perché l’anno precedente si era chiuso con un buco di 698 mila euro, quasi il doppio.

SI SALVI CHI PUO’ Anche l’Esposizione di Milano è gestita interamente da una partecipata. Expo 2015 Spa, che continua a chiudere i bilanci con segno negativo, ma con un’avvertenza: per fare i conti bisognerà aspettare la fine dell’esposizione. Intanto però nel 2012 sono andati in fumo 2,4 milioni di euro. E mentre l’esposizione ha aperto i battenti con padiglioni ancora in completamento, ci sono altre società partecipate che annaspano nei debiti. Ad agosto del 2014 fallisce la Birreria Italiana di Bitonto di proprietà della Regione Puglia. Lo stabilimento costruito a metà degli anni‘80 grazie ai fondi Ersap, Ente regionale per lo sviluppo agricolo della Puglia, viene oggi additato come un altro caso di sperpero di denaro pubblico. A Reggio Calabria c’è una società partecipata che è il paradosso di se stessa, si chiama Sati Srl e ha chuso il bilancio 2012 con un misero utile di 712 euro. Peccato, perché il suo scopo sociale, mentre arranca faticosamente, sarebbe proprio quello di attrarre investimenti sul territorio. Sorte peggiore l’ha però vissuta Banca Impresa Lazio. Nata per finanziare le imprese della regione con fondi pubblici, è finita essa stessa per essere la prima destinataria del salvataggio pubblico. Dopo che la Banca d’Italia ha dichiarato che non poteva operare sul mercato, invece di chiudere tutto, si è pensato di ricapitalizzarla: l’unico azionista a metterci i quattrini (1,4 milioni di euro)guardacaso è Sviluppo Lazio, un’altra partecipata della Regione guidata da Nicola Zingaretti.

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