Il Palazzo delle Esposizioni di Roma propone, dal 30 aprile al 13 settembre, la Mostra, attesissima, “David LaChapelle, dopo il Diluvio”, a cura di Gianni Mercurio. Una delle più importanti e ariose retrospettive dedicate al grande artista e fotografo americano. Saranno infatti esposte oltre 150 sue inimitabili opere, di cui alcune del tutto inedite, e altre presentate per la prima volta in un museo. Altre ancora, in cospicuo numero, saranno di mega-formato, fino a oltre sette metri per due.

La mostra è focalizzata sui lavori realizzati dall’artista dal 2006, anno di produzione della monumentale serie “The Deluge”, spartiacque e svolta profonda nell’agire artistico di LaChapelle. Grazie a “The Deluge”, ispirata all’affresco michelangiolesco della Cappella Sistina, il fotografo ha concepito un’opera destinata solo e soltanto a musei e gallerie d’arte, e non più ai ghetti dorati delle riviste di moda e delle campagne pubblicitarie.

Dopo questo salto, la sua produzione si è definitivamente indirizzata verso nuove direzioni estetiche e concettuali. Come scrive il curatore nel suo saggio, “il segnale più evidente del cambiamento è la scomparsa dai lavori seriali della presenza umana: i modelli viventi che in tutti i lavori precedenti (unica eccezione è “The Electric Chair” del 2001, personale interpretazione del celebre lavoro di Andy Warhol) hanno avuto una parte centrale nella composizione del set e nel messaggio incarnato dall’immagine, spariscono. Le serie “Car Crash”, “Negative Currencies”, “Hearth Laughs in Flowers”, “Gas Stations”, “Land Scape”, fino alla più recente “Aristocracy”, seguono questa nuova scelta formale: LaChapelle cancella clamorosamente la carne, elemento caratterizzante della sua arte”.

Per permettere però al pubblico di conoscere anche le origini della poetica bizzarra, fantasmagorica e ipermoderna di David LaChapelle, saranno rimesse in vetrina al Palazzo delle Esposizioni alcune tra le sue opere più conosciute e universali: i suoi mirabolanti marchi di fabbrica, sfornati a getto continuo tra il 1995 e il 2005. Una raccolta tuttora favolosa, che comprende ritratti di celebrities del mondo della musica, della moda e del cinema (da Michael Jackson a a Lady Gaga); scene con tocchi surrealisti basate su temi religiosi; citazioni di grandi opere della storia dell’arte e del cinema. Tutto segnato dalla proverbiale saturazione cromatica e da quell’idea di movimento che hanno lasciato forti impronte nelle generazioni creative successive. L’esposizione ospiterà anche una rassegna di filmati di backstage che illustrano il complesso processo di realizzazione dei suoi set fotografici. Non mancherà una carrellata dei suoi videoclip più virali: già, perché David è anche un videomaker (soprattutto musicale) di enorme talento e fama.

David LaChapelle è di gran lunga uno dei fotografi più osannati al mondo. C’è chi lo ha soprannominato il Fellini della fotografia. Poco più che cinquantenne, ha inaugurato e cristallizzato uno stile post-Pop e surrealista che lo rende unico. Le sue opere sono esposte in posti come il Musée D’Orsay di Parigi, il Brooklyn Museum di New York, il Museum of Contemporary Art di Taipei, il Tel Aviv Museum of Art a Tel Aviv, il Los Angeles County Museum of Art (LACMA) a Los Angeles, The National Portrait Gallery di Londra, il Fotographfiska Museet di Stoccolma e The National Portrait Gallery a Washington DC.

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