La Turchia insiste: “Parlare di genocidio degli armeni è una calunnia”. Anzi, di più: “Significa strumentalizzare politicamente la Storia”. Papa Francesco indirettamente replica, dalla messa mattutina in Santa Marta: la strada della Chiesa, ha detto, è la “franchezza“, il “coraggio cristiano” di “dire le cose con libertà“. Di certo Ankara non lascia correre. All’indomani della convocazione del nunzio apostolico al ministero degli Esteri turco e del richiamo in patria dell’ambasciatore presso la Santa Sede, è proprio quest’ultimo che insiste sulle dichiarazioni del pontefice sul massacro degli armeni del 1915 e 1916. “Il genocidio è un concetto giuridico – dichiara in una nota l’ambasciatore – Le rivendicazioni non soddisfano i requisiti di legge, anche se si cerca di spiegarle sulla base di una diffusa convinzione, restano calunnie“. Bergoglio, prosegue la nota dell’ambasciata, “nella sua dichiarazione si riferisce ai tragici eventi che hanno avuto luogo in Bosnia e in Ruanda come ‘omicidi di massa‘, che sono riconosciuti come genocidi dai tribunali internazionali competenti. Egli, tuttavia, chiama gli eventi del 1915 un ‘genocidio’ nonostante l’assenza di tale sentenza del tribunale competente. Questo è significativo. Non è possibile spiegare questa contraddizione con i concetti di giustizia e di coscienza”. Durante la messa per gli armeni celebrata dal pontefice “la Storia è stata strumentalizzata per fini politici”.

E non finisce qui. Ancora più netto il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu: la Turchia non esclude nuove misure che, riferisce Hurriyet online, “saranno rese note dopo le consultazioni” con l’ambasciatore presso il Vaticano richiamato a Ankara. “Per il popolo turco e per la Turchia” le parole del papa sono “nulle” ha aggiunto Cavusoglu, secondo il quale i termini usati dal Pontefice sono “una calunnia”. Un coro al quale si è aggiunto anche il Gran Muftì turco Mehmet Gormez, la principale autorità religiosa islamica sunnita del Paese. Gormez si allinea sul governo di Ankara e critica a sua volta il Papa per le dichiarazioni “senza fondamento” e ispirate da “lobby politiche e ditte di relazioni pubbliche”. Le polemiche turche sfiorano l’offesa: il ministro per gli affari europei Volkan Bozkir ha detto che il pontefice ha parlato cosi perché viene dall’Argentina, un Paese “che ha accolto i nazisti” e nel quale “la diaspora armena è dominante nel mondo della stampa e degli affari”.

Al momento non ci sono dichiarazioni ufficiali dall’Oltretevere. Al Fatto.it fonti della Segreteria di Stato aveva espresso “stupore” per la reazione della Turchia visto che la linea del Vaticano sull’uccisione di centinaia di migliaia di armeni è la stessa da almeno 15 anni visto che – è stato ricordato – le stesse parole di Bergoglio erano state utilizzate 15 anni fa da Giovanni Paolo II. E lo stesso Papa Francesco ha scelto la strada della replica indiretta durante l’omelia della messa mattutina a Santa Marta, stralci della quale sono stati pubblicati da Radio Vaticana. Bergoglio stava commentando il brano degli Atti degli Apostoli in cui Pietro e Giovanni affermano: “Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”. I due apostoli, persone “semplici” ebbero il coraggio di affermare ciò che avevano visto, e per questo furono anche arrestati e minacciati, però lo riaffermarono.

Il silenzio del governo italiano è rotto solo dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi, secondo il quale non ci si può aspettare una presa di posizione dall’esecutivo. “Credo che non sia mai opportuno per un governo prendere delle posizioni ufficiali su questo tema – dice a Omnibus, su La7 – per me, ma è la mia posizione personale, lo è stato. Ma un governo non deve utilizzare la parola genocidio”. Per Gozi la storia è meglio lasciarla stare: “Con il governo di Ankara siamo impegnati a parlare di democrazia, diritti umani e di minoranze. Riteniamo che il dialogo e il negoziato servono a risolvere questi problemi e non il muro contro muro. Ricordo che quando i rapporti erano migliori abbiamo risolto il problema della minoranza curda e anche le minoranze cristiane che vivono a Istanbul. Le parole del Papa irritano moltissimo Ankara, è la solita e importante questione della lettura della storia, non esiste una lettura storica assoluta e la lettura della storia crea forti divisioni. Per noi che facciamo politica è meglio guardare ai problemi di oggi della politica. Nessun governo si esprime in maniera ufficiale: questo è compito degli storici”. Dichiarazioni che sono criticate non dalle opposizioni, ma da esponenti della stessa maggioranza di governo: “Su fatti così gravi – dice Alessandro Pagano (Area Popolare) – bisogna avere il coraggio di dire parole nette, e anche il governo deve prendere le distanze dalle gravi accuse del governo turco nei confronti del Papa. Anche da qui parte la difesa dei cristiani perseguitati nel mondo”. Quella di Gozi è un’affermazione “un po’ pilatesca” aggiunge Gian Luigi Gigli (Per l’Italia).

Gozi ha la delega alle politiche comunitarie e mentre il sottosegretario auspicava il silenzio sul tema dell’Italia, l’Unione Europea sottolineava, commentando la reazione di Ankara alle parole di Francesco, che la “normalizzazione” dei rapporti tra Turchia e Armenia è “particolarmente importante” ed è “una questione che viene regolarmente valutata” nei rapporti sull’avanzamento della candidatura di Ankara all’ingresso in Ue, come ha dichiarato la portavoce dell’alto rappresentante Federica Mogherini. “La riconciliazione è il fondamento chiave del progetto europeo e dei suoi valori” ha aggiunto Maja Kocijancic, portavoce della Mogherini. “E’ importante che le relazioni tra Turchia e Armenia siano normalizzate al più presto possibile, mettendo in atto i Protocolli firmati del 2008”.

Alla fine è il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a prendere posizione: “La durezza dei toni turchi non mi pare giustificata, anche tenendo conto del fatto che 15 anni fa Giovanni Paolo II si era espresso in modo analogo” a Papa Bergoglio. “L’Italia – ha aggiunto Gentiloni – ha più volte espresso solidarietà e vicinanza al popolo e governo armeno per le vittime e le sofferenze inflitte 100 anni fa. Tuttavia Gentiloni ha sottolineato che “sul riconoscimento giuridico” del genocidio “abbiamo sempre invitato i due paesi amici Armenia e Turchia a dialogare per evitare che questa situazione ostacoli” un rasserenamento delle relazioni.

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