Il piatto piange. E per giungere al traguardo, di questo passo, ci vorranno 61 anni. Se non di più. Tanto, infatti, bisognerà aspettare per raccogliere tutti i 14 milioni di euro necessari per tentare di rendere il Veneto indipendente dall’Italia attraverso un referendum consultivo da finanziare con contributi privati. Una posizione da sempre cara alla Lega Nord e al suo segretario federale, Matteo Salvini. Peccato per lui e per i ferventi secessionisti che dall’inizio di ottobre 2014, secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, siano stati raccolti appena 114 mila euro. Centesimo più centesimo meno.

CONTO IN ROSSO Si tratta di una vicenda che inizia alla metà dello scorso anno, quando il Consiglio regionale del Veneto ha approvato due leggi, entrambe già impugnate dal governo perché in contrasto con alcuni articoli della Costituzione. Una, appunto, per indire una consultazione popolare sull’indipendenza della Regione, l’altra per chiederne l’autonomia ai sensi dell’articolo 116 della Costituzione stessa. Mentre però quest’ultima è finanziata dal bilancio regionale, per lo svolgimento del referendum secessionista, benedetto – fra gli altri – dal governatore Luca Zaia, è necessaria una raccolta fondi popolare. Il motivo è semplice: è un percorso non previsto dalla Costituzione. Perciò sei mesi fa è stato aperto un conto corrente sul quale riversare i contributi. Risultato? Al 31 marzo 2015 risultano arrivati, in media, 19 mila euro ogni trenta giorni, circa 633 euro ogni ventiquattro ore. Poco più dell’uno per cento del totale necessario allo svolgimento del referendum. Cioè: un flop.

SOLDI BUTTATI Dei 114 mila euro presenti al momento in cassa, poi, 13 mila sono stati bonificati fra l’inizio di gennaio e la fine di marzo, visto che al 31 dicembre 2014 se ne potevano contare solo 101 mila. Una performance che sta provocando persino qualche reazione ironica: “La pochezza di quanto raccolto dimostra come i veneti abbiano altri problemi a cui pensare che non l’indipendenza”, attacca Gennaro Marotta, consigliere regionale del Veneto in quota Italia dei valori (Idv). Si tratta, aggiunge Marotta, di “un referendum che non si farà mai e che è stato promosso mediante una legge che ha impegnato parecchio tempo il consiglio regionale che, forse, avrebbe avuto ben altro da fare. Massimo rispetto per chi ha ritenuto di versare materialmente il proprio contributo economico – conclude il consigliere dell’Idv – massimo sdegno per una sonora presa in giro dei nostri concittadini”.

SECESSIONE AL PALO Il presidente della Regione Luca Zaia non sembra invece essere troppo preoccupato dall’andamento della raccolta fondi. Almeno in apparenza. “Il consiglio ha deciso di imboccare questa doppia strada”, spiegano dal suo staff, ma “Zaia ha sempre detto che per arrivare all’indipendenza occorre un serio percorso di autonomia”. Una posizione soft dovuta, molto probabilmente, all’avvicinarsi delle elezioni regionali del prossimo 31 maggio, quando l’ex ministro dell’Agricoltura si giocherà la rielezione sfidando Alessandra Moretti (Pd) e il sindaco di Verona Flavio Tosi, suo ex collega di partito. In campagna elettorale, si sa, meglio smorzare i toni. Per la secessione c’è sempre tempo. Forse.

Twitter: @GiorgioVelardi

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