“Due giorni per scoprire l’Italia, 365 per salvarla”. Questa la frase scelta dal Fai, il Fondo Ambiente Italiano, per presentare la 23esima edizione delle Giornate di primavera, che anche quest’anno aprono al pubblico luoghi simbolo del patrimonio culturale del nostro Paese, di solito non visitabili o semplicemente dimenticati. Questo week end questi luoghi, 780 monumenti sparsi dalle Alpi fino all’Etna, saranno invece visibili a tutti, e sarà possibile ammirarli e fotografarli con il pagamento di un piccolo contributo libero all’ingresso. Una delle più attese in Italia è la due giorni bolognese: la città felsinea nasconde dentro le proprie mura palazzi senatori, corti interne e antichi monasteri che di solito si vedono solo su foto d’archivio o di sfuggita, con la coda dell’occhio, quando i grandi cancelli che li custodiscono si schiudono appena per farvi entrare qualche macchina. Ma oggi e domani non è così. E allora, nonostante la primavera non sia ancora arrivata sotto le Due Torri, non c’è occasione migliore per uscire di casa e visitare i cinque monumenti cittadini aperti grazie al Fai. Ecco i loro segreti.

TEATRO COMUNALE
Chi vive a Bologna conosce bene Piazza Verdi, la “bella e trasandata”, con i suoi portici, i bar da 2 euro a cicchetto, le bottiglie rotte del sabato mattina e il pavimento di pietra consumato dalle scarpe di generazione di studenti. Su questa Piazza si affaccia il Teatro Comunale, i cui gradini all’ingresso sono da sempre la seduta preferita dei punkabbestia bolognesi. Poco oltre quegli scalini si trova un Teatro bellissimo, elegante, che oggi è il palcoscenico, tra le altre, di rappresentazioni tratte da opere di maestri dell’opera classica come Verdi, Puccini e Donizetti.
Il Teatro – la cui costruzione venne affidata nel 1756 dal Senato bolognese allo scenografo Antonio Galli da Bibiena – fu inaugurato, ancora incompiuto, sette anni dopo, con l’opera inedita il Trionfo di Clelia. Nei secoli successivi accolse al suo interno sia melodrammi che opere comiche e da allora, tra modifiche e restauri, è arrivato fino ai giorni nostri. Una curiosità, che anche pochi bolognesi conoscono: la costruzione di questo Teatro fu voluta, oltre che per cercare di competere con quelli di altre grandi città italiane come Torino, Roma e Napoli, anche per creare nei secoli scorsi una sorta di congiunzione tra il cuore amministrativo di Bologna, Piazza Maggiore, e quello che un po’ alla volta si stava configurando come il polo culturale della città, la zona attigua all’attuale Piazza Verdi, che non a caso oggi ospita le principali Università bolognesi.

PALAZZO COSPI FERRETTI
Questo prestigioso Palazzo, di solito impossibile da visitare perché privato, è una delle gemme più preziose svelate a tutti durante la prima giornata del Fai. Venne costruito nella seconda metà del ‘400 dall’aristocratica famiglia bolognese dei Sampieri su una delle strade più belle di Bologna, via Castiglione, una delle vie “nobili” della città. Nel 1614 il Palazzo pervenne per eredità ai Cospi, anch’essi antica famiglia senatoria, che commissionarono ai più noti pittori dell’epoca gli affreschi ancora oggi visibili nel cortile e nel salone senatorio. Fotografarli non è facile perché, anche durante questa due giorni, gli attuali inquilini del Palazzo desiderano mantenere un forte riserbo su questo luogo e sulle opere conservate al suo interno.

TEATRO DI PALAZZO BARBAZZI
Già redazione del Resto del Carlino, oggi sede dell’Ordine dei farmacisti, Palazzo Barbazzi si trova su via Garibaldi, in pieno centro storico bolognese, e si nasconde dietro un portone che di solito cela la sua grande bellezza agli occhi dei curiosi. Durante le giornate del Fai questo portone è aperto a tutti e dà accesso a una corte interna che è un’ oasi di verde in mezzo alle palazzine medievali color ocra che segnano lo stile di questo quartiere. Insieme alla loggia rinascimentale, che si trova al piano nobile, la corte è l’unica cosa che resta dell’antico edificio voluto dal giurista Andrea di Antonio di Bartolomeo da Massina, detto il Barbazza. I lavori di costruzione cominciarono nel 1460 ma furono i suoi eredi a occuparsi delle decorazioni interne, come quelle presenti nel salone d’onore, che hanno tenuto con il naso all’insù tutti i visitatori. Questi ornamenti raccontano le Storie di David, umile pastore divenuto re d’Israele. Non sono in pochi a pensare che, in realtà, la vita di David sia una metafora di quella del Barbazza, che da giovane studente arrivato a Bologna divenne uno dei più importanti giuristi della sua epoca.

TEATRO ALESSANDRO GUARDASSONI
A un pugno di metri dalla casa di Lucio Dalla c’è Palazzo Montalto, edificio fondato alla fine del ‘500 da papa Sisto V, che lo destinò a collegio universitario per i giovani marchigiani. Camminare tra i lunghi, vetusti corridoi di questo collegio, tra foto sbiadite degli educandi, sale studio e laboratori, incute soggezione e sortisce l’effetto di zittire anche i visitatori più loquaci. Nel Palazzo c’è un Teatro, alla cui decorazione contribuì il pittore bolognese Alessandro Guardassoni, che veniva usato dagli studenti per le loro rappresentazioni. A proposito di studenti: gli unici presenti alla visite erano quelli delle scuole di Bologna, che hanno fatto da Ciceroni ai turisti. Per il resto, non c’era traccia di under 20 e 30 tra i visitatori. Un vero peccato.

TEATRO SAN SALVATORE
Ultima tappa, il Teatro San Salvatore, che sorge all’interno di un antico (e oggi un po’ decadente) complesso monastico, uno dei più imponenti di Bologna e oggi sede degli uffici della Polizia scientifica. Il Teatro ha origine recente: fu ricavato nel 1925 in quella che era la Sala Capitolare dell’edificio, che in passato fu un prestigioso luogo di cultura, con all’interno biblioteche e scuole di musica. Oggi il Teatro, che ha una sola platea con un piccolo palcoscenico, ospita rappresentazioni e corsi di recitazione.

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