L’ex premier slovena, Alenka Bratušek, è indagata per abuso d’ufficio per essersi auto proposta come commissaria Ue quando era a capo del governo di Lubiana. Una ventina di agenti hanno perquisito l’abitazione privata della Bratusek, oltre agli uffici del suo gruppo parlamentare, in cerca di prove a supporto dell’accusa. In 5 mesi la prima premier donna della Slovenia passa così da un possibile posto nell’esecutivo comunitario di Bruxelles al registro degli indagati della Procura di Lubiana. L’accusa è chiara: abuso di ufficio.
Nel maggio 2014 il governo liberal-sociale della Bratušek cade e porta alle elezioni anticipate di luglio. Il sistema politico del Paese è nel caos. Tuttavia proprio in questi giorni Lubiana, come le altre capitali europee, deve indicare a Bruxelles il proprio candidato alla Commissione europea, in tutto 28 come gli Stati membri. Il governo uscente, vista l’impossibilità di trovare un accordo politico, propone una lista di tre candidati: il ministro degli esteri uscente Karl Erjavec, l’eurodeputata socialista Tanja Fajon e, appunto, Alenka Bratušek, nome fatto dal partito di cui lei stessa è presidente. Il primo allarme arriva da Transparency International Slovenia, il cui segretario generale, Vid Doria, denuncia la scarsa trasparenza dell’intero processo di nomina dei candidati.
Intanto per il governo uscente si dimostra impossibile trovare un accordo tra questi tre nomi, tanto che la premier decide di avvalersi della procedura di urgenza prevista dalle regole di procedura dello Stato, regole che lasciano proprio al primo ministro ampia discrezione. Bratusek diventa così la candidata ufficiale della Slovenia alla Commissione europea. Immancabili le critiche sia da destra che da sinistra.
Il resto è storia. Jean-Claude Juncker accetta la candidatura della premier slovena uscente – come da prassi – che arriva a Bruxelles per essere ascoltata dal Parlamento europeo. Nel corso dell’audizione pubblica, la Bratusek, alla quale viene assegnato il portafogli dell’unione energetica – cruciale anche dal punto di vista geopolitico per l’Ue – fa sfoggio di una conoscenza della materia a dir poco lacunosa. Dopo la sonora bocciatura da parte della commissione parlamentare e dei presidenti dei gruppi politici del Parlamento europeo, la Bratusek non può fare alto che ritirare la propria candidatura.
Nel frattempo il nuovo premier sloveno, Miro Cerar, entra in carica e propone come seconda scelta Violeta Bulc, la quale vanta un diploma in shamanesimo (Shamanic Academy 2008) e una certificazione per crescita e sviluppo personale (Sundoor trainer, Sierra Nevada, California 2008). Inevitabile a questo punto il rimpasto di portafogli: l’unione energetica va allo slovacco Maroš Šefčovič e alla Bulc toccano i trasporti. La Bratusek – che nel frattempo ha lasciato il proprio partito dopo averne perso la leadership e fondato uno nuovo – torna così in madre patria dove ad attenerla ci sono le indagini della commissione nazionale di prevenzione della corruzione.
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