Il Corriere della Sera di qualche giorno fa descriveva l’impatto con Roma e la Stazione Termini, di un turista o di un viaggiatore, come nel diciottesimo canto dell’Inferno dantesco, in cui i peccatori si trovavano immersi nello sterco. Gente che urina e defeca dappertutto, a causa del sovraffollamento da immigrati e della cronica carenza di bagni pubblici. Lo stesso si sarebbe potuto scrivere di Milano, a Porta Venezia, dove uno dei pochi bagni pubblici è quello del Mc Donald’s, ma anche di Firenze, i cui abitanti ne sanno qualche cosa, vista la maleducazione di gruppi di turisti.

La carenza di toilette per chi si trova in giro è uno delle tante del nostro Paese. Supermercati, banche, chiese, uffici pubblici ne sono sforniti (anche a pagamento) e chiunque si trovi a girare per una delle nostre città, è sottoposto al balzello del caffè per poterne usufruire. Lungo le autostrade non è difficile vedere uomini che bellamente fanno i loro bisogni, parzialmente coperti dalle portiere dell’auto. Milano attende un numero imprecisato di visitatori per l’Expo e a quanto pare questa sarà una delle emergenze della città, che accoglierà molte donne e uomini, anziani e disabili. Questo tema fa sorridere, ma se non vogliamo vedere le nostre città trasformate in toilette en plein air bisognerà pensarci.

Sono a Jaipur, in India, da quasi un mese, per i progetti di Vivere con Lentezza nelle bidonville, negli scorsi giorni si è celebrato il Toilet day, una manifestazione dedicata alla costruzione e all’uso dei bagni pubblici. Per chi frequenta questo Paese, non solo nei grandi alberghi o viaggiando in pulmini air conditioned è evidente quanto questo evento sia necessario. Problema antico e irrisolto, visto che l’idea di questa giornata si attribuisce addirittura a Gandhi e per festeggiarlo vengono tagliate enormi torte a forma di turca.

Toilet-Day-India-blog

Il problema esiste anche da noi e la concentrazione di stranieri, poveracci, visitatori e turisti in gran numero non fa che accentuare questa mancanza. Non dico che dovremmo chiedere a Ferrero di pensare a un’etichetta della Nutella che la ricordi poi, di Giornate, ne abbiamo oltre la disponibilità del calendario. Un’attenzione a questo problema va rivolta, se non vogliamo ritrovarci immersi in uno degli aspetti, infernali della globalizzazione di cui, come per altri faremmo volentieri a meno.

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