Hanno dominato la scena punk prima, new wave poi, degli anni Settanta. Lei, la cantante bionda per definizione, felina e conturbante, è stata a lungo l’icona massima di chi nel proprio immaginario erotico non custodiva le starlette televisive del momento, o Edwige Fenech e Barbara Bouchet. E adesso, non che fosse mai svanito veramente, ritorna il loro culto rock: merito di una Mostra alla Somerset House di Londra, visitabile fino al 25 gennaio, tutta consacrata all’epopea musicale e controculturale dei Blondie, quarant’anni dopo la loro prima e folgorante apparizione sulle scene. La retrospettiva londinese intreccia il pubblico con il privato del suggestivo universo Blondie: sono esposte 50 fotografie, molte delle quali inedite, scattate nel corso del tempo da Chris Stein, cofondatore della band insieme alla splendida cantante Debbie Harry, una Shirley Manson, una P.J. Harvey ante litteram, o se vogliamo una Nico senza troppo lato oscuro, che non dispiaceva quindi al popolo “disco”, o fashion-addicted. La Mostra arriva in concomitanza del libro “Chris Stein/Negative: Me, Blondie, and The Advent of Punk”, pubblicato, in Italia, da Rizzoli.

50 fotografie, molte delle quali inedite, scattate nel corso del tempo da Chris Stein, cofondatore della band insieme alla splendida cantante

Per la gioia degli occhi, e dell’anima, la maggior parte degli scatti immortala proprio Debbie Harry, d’altronde per tutti la parola Blondie è sempre stata sinonimo di Lei: Dennis (Blondie) in tour, Dennis (Blondie) in posa su una rivista, Dennis (Blondie) nel backstage di un video o in compagnia di David Bowie e Andy Warhol. Dopo gli studi di Arti visive, l’altro Blondie Chris Stein prese a fotografare la vita underground di New York a cavallo tra gli anni sessanta e settanta. Una Grande Mela mistica, colorata, scura, eccitata, per altri versi restituita da film miliari come Taxy Driver. Nel 1973 l’incontro, di certo fatale, con Debbie Harris, con cui l’anno dopo fondò i i Blondie: i due furono compagni anche nella vita.

Per la gioia degli occhi, e dell’anima, la maggior parte degli scatti immortala proprio Debbie Harry

Fino al 1978 la band americana venne considerata, come si direbbe oggi, indie; ma poi arrivò l’album “Parallel lines”, e con questo il successo globale, e nulla fu più come prima. Il brano “Heart of Glass“, ballatissimo ancora oggi, si spinse fino al primo posto nella chart americana. Exploit bissato nel 1980, con l’imperitura “Call me”, prodotta da sua Maestà Giorgio Moroder. La formula era sempre quella, piacevolissima: un ibrido tra la musica disco, il pop, il reggae e un po’ di Kraftwerk. I Blondie si sciolsero nel 1982, salvo poi ricongiungersi quindici anni dopo. Debbie Harry aveva abbracciato nel frattempo un’ondivaga carriera solista. E il mito continua.

Articolo Precedente

Luca Sapio, il soul man italiano che ha conquistato David Letterman

next
Articolo Successivo

‘A Toys Orchestra’: un ‘Butterfly Effect’ per cambiare la discografia indipendente

next