Cinquantatre condanne per un totale di oltre 190 anni di carcere: li ha chiesti la procura di Torino al termine della requisitoria al maxi processo ai No Tav, nell’udienza di oggi nell’aula bunker del carcere di Torino. La causa riguarda gli scontri scoppiati nell’estate 2011 in Valle di Susa alla Maddalena di Chiomonte. I pm Nicoletta Quaglino e Manuela Pedrotta, al termine di sette ore di requisitoria, hanno proposto condanne che variano dai 6 mesi ai 6 anni di reclusione; per la maggior parte dei 53 imputati la richiesta supera comunque i 3 anni. Al vaglio dei giudici ci sono gli scontri avvenuti il 27 giugno del 2011, quando le forze dell’ordine sgomberarono il grande presidio No Tav alla Maddalena di Chiomonte (dove oggi sorge il cantiere del tunnel preliminare della Torino-Lione), e del 3 luglio successivo, quando, durante una manifestazione, gli attivisti attaccarono l’area con quella che la Procura ha definito “un’azione violenta”, portata avanti con una “organizzazione che non è esagerato definire militare”.

“Qui non ci occupiamo della legittimità e dell’opportunità della ferrovia Torino-Lione. Ci occupiamo dei gravi disordini provocati il 27 giugno e il 3 luglio 2011 da soggetti che hanno aderito al movimento No Tav, con il ricorso a una violenza estrema e ingiustificata“, è l’incipit della requisitoria dei pm. Poco dopo che la Pedrotta aveva cominciato a parlare, le proteste di pubblico e imputati hanno portato all’interruzione dell’udienza. Alcuni imputati si sono anche alzati per leggere un proclama e i carabinieri, per ordine del tribunale, li hanno portati fuori dall’aula. Uno di loro, Antonio Ginetti, ha urlato: “La vostra galera non mi fa paura. Piazza Fontana e piazza della Loggia sono terrore di Stato. Ma a me paura non ne fate”. “Esiste una violenza legale e una illegale” ha ribadito un altro. A quel punto l’udienza è stata interrotta e l’aula sgomberata. Tre imputati sono stati espulsi dall’aula, anche per le prossime udienze. Il processo è poi ripreso a porte chiuse.

Alcuni dei protagonisti degli scontri del 2011 non sono simpatizzanti No Tav, ma “professionisti della violenza”, ha detto la Pedrotta riprendendo la requisitoria. “Per questi personaggi – ha osservato – le manifestazioni sono solo un pretesto per sfogare la rabbia contro il sistema. La Valle di Susa vale come qualsiasi altra cosa”. “Non è stato divertente vedere amministratori pubblici e consiglieri regionali avere avuto la sfrontatezza di venire in tribunale per negare di avere visto ciò che avveniva sotto i loro occhi”, ha detto ancora il pm facendo riferimento ai testimoni della difesa. 

“Fu un vero e proprio attacco – ha detto poi la Quaglino – erano preparati e organizzati, con un preciso piano di azione” portato avanti “da gruppi di 40-50 persone che si davano il cambio, per restare freschi”. Erano “tutti travisati, anche se a luglio non ce n’era certo la necessità”. Il magistrato ha parlato di “una sorta di battaglia organizzata” con “lanci di sassi, bombe carta, molotov e altro. E non mi pare che le bombe carta si trovino in natura”. Il pm ha ricordato che nei disorsdini di quel giorno “rimasero feriti 145 appartenenti alle forze dell’ordine”.

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