Sulla pedofilia “non ci saranno figli di papà”, aveva promesso Papa Francesco. E, infatti, dopo gli arresti domiciliari per l’ex nunzio Jozef Wesolowski, con l’accusa di pedofilia e detenzione di materiale pedopornografico, Bergoglio ha rimosso il vescovo di Ciudad del Este in Paraguay, monsignor Rogelio Ricardo Livieres Plano, accusato di aver coperto casi di abusi sui minori e di malversazioni. Al suo posto Bergoglio ha nominato amministratore apostolico monsignor Ricardo Jorge Valenzuela Ríos, vescovo di Villarrica del Espíritu Santo.
Una nota della Sala Stampa vaticana precisa che la “gravosa decisione dell’avvicendamento” è stata decisa dal Papa sulla base di “serie ragioni pastorali”, ed “è ispirata al bene maggiore dell’unità della Chiesa di Ciudad del Este e alla comunione episcopale in Paraguay”. Bergoglio, inoltre, chiede al clero e a tutti i fedeli della diocesi di Ciudad del Este “di voler accogliere i provvedimenti della Santa Sede con spirito di obbedienza, docilità e animo disarmato, guidato dalla fede”. E rivolge un appello “all’intera Chiesa paraguaiana, guidata dai suoi pastori, a un serio processo di riconciliazione e superamento di qualsiasi faziosità e discordia, perché non sia ferito il volto dell’unica Chiesa”.
In Vaticano procede, intanto, il processo penale per Wesolowski per il quale si fa sempre più probabile una condanna penale a 10 anni. È questa, infatti, l’ipotesi più accreditata tra le mura leonine per l’ex nunzio nella Repubblica Dominicana. Per l’ex diplomatico della Santa Sede, infatti, già condannato in primo grado alla riduzione allo stato laicale nel processo canonico, ora in fase di appello, le aggravanti, spiegano nei sacri palazzi, sono tante e facili da trovare. La condanna a 6-7 anni di carcere prevista dalla norme in vigore prima della riforma penale del 2013 voluta da Bergoglio, potrebbe dunque lievitare fino a 10 anni. Una pena comunque dimezzata rispetto a quella che avrebbe avuto se fosse stato giudicato con le pene più severe volute da Francesco per i reati di pedofilia e pedopornografia, proprio quelli di cui è accusato oggi Wesolowski.
Intanto continuano a emergere particolare inquietanti sulla vita dell’ex diplomatico polacco, ordinato sacerdote dal cardinale Karol Wojtyla nel 1972 e poi arcivescovo sempre dal Papa polacco nel 2000 nella Basilica Vaticana. Storie di adescamenti di minori sulla spiaggia di Santo Domingo e induzione alla prostituzione in cambio di soldi. Una carriera di nunzio tra le sedi diplomatiche vaticane dell’Asia centrale (Kazakhstan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan) prima di approdare, nel 2008, nella Repubblica Dominicana, ufficio da cui si è dimesso, per volontà di Bergoglio, nell’agosto 2013.
Da due giorni la distanza fisica che separa Wesolowski e Papa Francesco è soltanto di pochissimi metri. Casa Santa Marta, divenuta ormai la residenza pontificia, e il Collegio dei Penitenzieri, nel Palazzo del Tribunale vaticano, dove è ai domiciliari Wesolowski, si trovano, infatti, a pochi passi. Bergoglio aveva anche annunciato che, oltre all’ex nunzio polacco, ci sono attualmente anche altri due vescovi sotto indagine canonica per pedofilia. I due presuli dovrebbero essere il cileno Marco Antonio Órdenes, a cui l’ex Sant’Uffizio ha proibito di esercitare le funzioni, e il peruviano Gabino Miranda Melgarejo, allontanato dalla sua diocesi l’anno scorso. Entrambi, a differenza dell’ex diplomatico a Santo Domingo, non essendo cittadini vaticani possono subire soltanto il processo presso la Congregazione per la dottrina della fede, ma non quello penale. Per essi, quindi, la pena massima potrà essere soltanto la riduzione allo stato laicale, la stessa a cui è stato già condannato Wesolowski in primo grado dall’ex Sant’Uffizio e contro la quale ha presentato appello.
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